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Borderlands 4
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Recensione - Borderlands 4Xbox Series X | SGame

Borderlands 4, sicuramente uno dei giochi più attesi della stagione, è finalmente qui! Dopo avervelo illustrato nelle precedenti anteprime, abbiamo ora girato in lungo e in largo sul pianeta Kairos ed è giunto il momento di darvi il nostro parere finale: Buona lettura!
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Il Gioco

Così... vorresti sentire una storia, eh?” In questo modo, non poteva essere diversamente, inizia Borderlands 4, e la risposta è che certo che sì, caro Marcus, la vogliamo proprio sentire, visto che (non contando la divagazione fantasy di Tiny Tina’s Wonderlands) sono ormai passati sei anni da quando ci hai raccontato l’ultima! Questa nuova “storia” dei Cacciacripta – denominazione italiana ufficiale dei Vault Hunters – per la prima volta prende le mosse lontano da Pandora, sul pianeta Kairos, un luogo da cui risulta impossibile allontanarsi una volta posatoci piede, dato che il tirannico ed immortale Cronocustode da secoli controlla tutto e... tutti, innestando in ogni malcapitato un impianto neurale, con cui è in grado addirittura di prendere il controllo delle azioni di ogni singola persona. La situazione viene però sconvolta dall’arrivo della luna Elpis, che lascia l’orbita di Pandora (vi lasciamo scoprire motivi e autore del cosmologico evento) ed entra in quella di Kairos infrangendo lo scudo che cela il pianeta e rivelandone a tutti l’esistenza, creando un devastante sconvolgimento sulla superficie dello stesso, il “Lunamageddon”. L’eccezionale scoperta attira i Cacciacripta sul pianeta, in quanto ben presto si capisce che al cuore della fortezza da dove il Cronocustode domina il pianeta si trova appunto una Cripta... in attesa di essere aperta e saccheggiata!

MX Video - Borderlands 4

Qui entriamo in scena noi, nel ruolo del Cacciacripta destinato a cambiare i destini del pianeta e come primissima cosa siamo chiamati a scegliere chi impersonare. Come in tutti gli episodi precedenti, la scelta è da compiersi tra un cast di quattro personaggi, ciascuno con caratteristiche fisiche ed abilità differenti: l’eso-soldato Rafa, l’imponente cavaliere della Forgia di nome Amon, la gravitar Harlowe ed infine Vex, una sirena. Ognuno di questi personaggi costituisce in sostanza una diversa classe e (come e forse più che negli episodi precedenti) vale la pena di sperimentarle tutte, in quanto i cambiamenti al gameplay che ne discendono sono rilevantissimi. Ciascuna classe è dotata di un proprio tratto/specialità, una sorta di abilità passiva di base che la caratterizza (giusto per fare un esempio, Harlowe ha “Vincolo”, grazie al quale propaga i danni inflitti dalle sue abilità anche agli avversari circostanti il bersaglio) e soprattutto da un elaborato albero delle Abilità, più ricco ma non troppo diverso da quello di Borderlands 3, di cui diremo in seguito.

Una volta scelto il/la protagonista in cui immedesimarsi, è tempo di scendere su Kairos! Alla nostra “prima volta” l’azione parte da un prologo/tutorial che potremo decidere di saltare in occasione della creazione di personaggi successivi. Dal prologo si apprende anche come si venga dotati delle nuove capacità di movimento che differenziano i Cacciacripta di Borderlands 4 da quelli dei precedenti episodi e che in effetti assumono un ruolo di primo piano fin dai primissimi momenti di gioco. Possiamo infatti compiere un doppio salto ed una planata (per una durata limitata, rappresentata da una barra apposita che appare a schermo), nonché attivare un Afferrampino, una “frusta laser” con cui agganciarci ad appositi anelli per proiettarci verso l’alto e raccogliere oggetti a distanza.

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Queste nuove mosse, insieme alla scivolata introdotta nel precedente episodio e qui confermatissima, rendono Borderlands 4 decisamente più dinamico dei predecessori, con fasi di attraversamento della mappa molto più veloci e libere, dato che spesso si può procedere “dritto per dritto” verso la meta, confidando nelle proprie abilità di parkouristi (ma attenzione perché certi dirupi sono comunque fatali). Lo stesso vale per le fasi di combattimento, dove ad esempio il doppio salto mi è spesso tornato comodo per evitare danni d’area ed il rampino può essere usato per raggiungere rapidamente postazioni sopraelevate. Anche gli spostamenti con veicoli sono decisamente facilitati rispetto al passato: non c’è più bisogno di raggiungere una delle stazioni “Catch-a-Ride” per poter materializzare un mezzo di trasporto, possiamo adesso richiamarlo in ogni momento grazie ai servigi del simpatico robottino Echo-4 (anch’esso introdotto nel Prologo e a cui dobbiamo anche tutte le informazioni in stile “realtà aumentata”, in primis la linea di percorso da seguire per giungere alla destinazione segnata in mappa).

I veicoli utilizzabili sono parecchi e si differenziano tra di loro non soltanto esteticamente, ma in qualche misura anche nelle performance di velocità, maneggevolezza e resistenza ai danni. Il primo veicolo, il Digirunner, viene ottenuto nella Campagna dopo poche missioni, mentre tutti gli altri vanno guadagnati completando sfide, o missioni secondarie. Non sono presenti mezzi per più persone (i veicoli in linea di massima somigliano più a delle moto che a delle automobili), per cui in caso di coop non rimane altro che procedere in carovana. Avendo appena citato veicoli ed Echo-4, colgo l’occasione per evidenziare che per questi elementi, così come per il nostro personaggio e per le armi, Borderlands 4 prevede un amplissimo ventaglio di personalizzazioni estetiche (design, colorazioni e, per il/la Cacciacripta anche stile di capigliatura), anche queste da sbloccare progressivamente come ricompense delle attività svolte.

L’accentuato dinamismo che caratterizza Borderlands 4 rispetto alle precedenti uscite, lavora in eccellente sinergia con un mondo di gioco più vasto ed articolato che mai. Episodio dopo episodio, ci troviamo quasi agli antipodi rispetto al mondo in gran parte desertico, piatto e scarsamente popolato del primo Borderlands. I world builders di Gearbox si sono davvero sbizzarriti nel creare Kairos, troviamo infatti biomi diversissimi tra di loro e ricchi di anfratti, gole, praterie, scogliere frastagliate e qualsiasi altro elemento del paesaggio che possa venirvi in mente. Non ci sono peraltro solo elementi naturali, dato che gli insediamenti sul pianeta sono più fitti e variegati che mai: ogni comunità ha una propria tipologia di abitazioni ed esse coesistono con le imponenti strutture dell’Ordine (il braccio armato tramite cui il Cronocustode esercita il proprio controllo sul pianeta) ed esiste inoltre un’area completamente urbanizzata. Il mondo di gioco infatti è articolato in quattro aree: Tramonterre, a sud, è una zona ricca di vegetazione, ad est si trova invece la montagnosa Catena di Terminus, mentre ad ovest abbiamo le Terrearse di Carcadia, come dice il nome un’area prevalentemente desertica. Queste tre zone sono in sostanza disposte in un cerchio, quasi a circondare la quarta: la megalopoli Dominion, al cui centro a sua volta si trova la fortezza del Cronocustode.

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Ad eccezione di Dominion (e di un’altra… location particolare, che non vi sveliamo), tutte le zone sono liberamente accessibili fin dalle prime fasi di gioco, essendo Borderlands 4 strutturato come un vero open world, senza dubbio una delle novità più rilevanti che questa nuova uscita porta con sé. La Campagna a sua volta non è lineare, per armonizzarsi con questa libertà di movimento: il nostro compito è consolidare l’Alleanza Crimson (agli inizi del gioco poco più di un delirante “sogno di gloria” coltivato da Claptrap), riconducendo sotto il suo vessillo le varie comunità del pianeta che in ordine sparso resistono al dominio del Cronocustode. Dovremo quindi esplorare le diverse aree, prendere contatto con i rispettivi capi delle comunità locali e compiere insieme a loro le azioni necessarie per detronizzare il luogotenente dell’Ordine, recuperandone l’impianto cerebrale dal cadavere: solo radunandoli tutti e tre sarà infatti possibile hackerare i sistemi di sicurezza della fortezza e presentarsi al cospetto del Cronocustode. La liberazione di ogni area culmina con una boss-fight che ci pone uno-contro-uno al cospetto del luogotenente dell’Ordine: si tratta di scontri abbastanza tradizionali, con un boss tipicamente di dimensioni considerevolmente maggiori delle nostre, articolate in due o tre fasi: personalmente avrei preferito che in caso di morte venissero conservate a mo’ di check-point le fasi già superate, ma sappiate che non è questo il caso.

Il gioco ci porta nelle prime fasi a prendere contatto con gli Outlanders, la comunità che vive nelle Tramonterre, ma come detto siamo liberi di impegnarci nelle tre zone nell’ordine che preferiamo: una volta liberate tutte e tre le aree, prende invece il via una seconda fase della Campagna, più incalzante e “guidata”, ma nulla ci impedisce di prenderci in ogni momento una pausa dalla questline principale, dedicandoci magari a qualche missione secondaria in tutt’altra zona della mappa.

D’altra parte, spostarsi è facile come non mai: non solo possiamo, come detto, saltare sul nostro mezzo di trasporto in qualsiasi momento e luogo, ma possiamo anche fare ampio uso del “viaggio veloce”, con stazioni di teletrasporto presenti in buon numero e che possiamo istantaneamente raggiungere da qualunque posizione, basta aprire la mappa e selezionare la stazione dove desideriamo materializzarci. Per ottimizzare le nostre possibilità di spostamento rapido, conviene non tralasciare di liberare i Rifugi che incontriamo sul nostro percorso (per farlo bisogna prima “ripulire” il rifugio da ogni presenza ostile per poi recuperare un datapad – non di rado subdolamente nascosto – con cui prendere il controllo della console di comando), in quanto in ciascuno di essi si trova sempre una stazione di teletrasporto. Peraltro, un Rifugio è una risorsa importante sotto svariati punti di vista, visto che contiene leper le operazioni di cui possiamo avere bisogno, a cominciare dalla compravendita di oggetti, nonché una classica “lavagna delle missioni” da cui ottenere fetch-quest, taglie e altre missioni secondarie, utili a salire di livello più rapidamente.

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I Rifugi da conquistare costituiscono un mero esempio, anche se senza dubbio di particolare importanza, delle molte attività e punti di interesse disseminati nel gioco. E’ frequentissimo trovarsi nelle vicinanze di un collezionabile (ce ne sono di vario tipo, dai 46 simboli della Cripta dipinti sulle pareti ai ben più numerosi audio-diari disseminati in ogni dove) o di una qualche attività: oltre a classiche missioni secondarie innescate dall’incontro con un mission-giver, segnalo soprattutto diverse tipologie di dungeon (diversificati a seconda della comunità a cui appartengono: bunker di proprietà dell’Ordine, miniere degli Auger di Terminus, e così via), strutture di complessità a volte considerevole, ricche di insidie, ma ovviamente anche di ricompense!

Dopo aver raccontato di tutte queste novità, è anche giusto rimarcare che la struttura portante del gioco, nonché molte delle meccaniche più riconoscibili, sono state assolutamente mantenute: le tipologie di armi sono quelle abituali, così come i quattro slot disponibili per equipaggiarle (c’è però una novità: le armi pesanti occupano lo slot destinato alle granate), l’importanza dei danni elementali, il meccanismo del Lotta-per-la-Vita (che vi consente, una volta caduti, di ritornare in vita uccidendo un avversario nel limitato tempo concessovi) e soprattutto la ricerca quasi compulsiva di loot, con l’apertura compulsiva di casse, armadietti e ogni altra cosa che capiti a tiro! Naturalmente il gameplay è molto condizionato dalle vostre decisioni nella composizione della build del vostro personaggio: in quest’ambito Borderlands 4 propone un’evoluzione, non una rivoluzione, di quanto già proposto in Borderlands 3. L’albero delle Abilità è suddiviso in tre sezioni, ciascuna dedicata ad una diversa Abilità. I nodi che compongono le tre sezioni, una volta che vengono sbloccati (spendendo i punti-abilità guadagnati salendo di livello) sono però sempre attivi, anche quando si trovano in una sezione che non è quella dell’Azione che in quel momento abbiamo deciso di equipaggiare.

Possiamo quindi orientarci per una build molto “verticale”, sbloccando il più possibile dei nodi sottostanti all’Azione equipaggiata, oppure scegliere di distribuire i propri punti fra le tre sezioni. Prediligere una determinata sezione consente di sbloccare abilità più particolari ed impattanti, poste negli strati più profondi dell’alberatura: ciò non significa necessariamente che la build sia più forte di altre più ”generaliste”, solo che sarà più focalizzata su quella specifica Abilità e/o stile di gameplay. Durante la mia run principale (fatta con Vex, la Sirena) il risultato più soddisfacente l’ho ottenuto con una build che prendeva da tutte e tre le sezioni, cercando di massimizzare in ogni modo frequenza ed effetti dei Danni Critici, scelta influenzata dall’aver puntato su armi di marca Jakobs (caratterizzate dalla maggior incisività del “Critico”) e dall’avere in dotazione una particolare granata che rendeva Critici tutti i colpi ricevuti dal nemico colpito per i successivi 5 secondi. Tutto questo per sottolineare che non ci sono (per fortuna!) ricette obbligate per arrivare ad una build ottimale, ma tutto dipende dalle sinergie che si riescono a creare tra i vari fattori, oltre che dalle nostre preferenze. I potenziamenti presenti sono peraltro di vario tipo, ci sono semplici bonus passivi che vanno direttamente a migliorare la nostra build (come un aumento del livello di salute, o della velocità di movimento), ma più spesso si tratta di perk legati alle uccisioni realizzate e bisogna quindi saper scegliere con oculatezza, ad esempio sarebbe controproducente sbloccare effetti legati alle kill fatte con l’Abilità se ne usiamo una con un tempo di ricarica assai lungo, o con effetti difensivi!

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In ogni sezione troviamo inoltre alcuni elementi particolari, legati invece all’Abilità: Migliorie, che appunto vanno a dotare l’Abilità di effetti aggiuntivi e, nello strato finale dello skill tree, le Abilità Supreme, che arrivano ad alterare in maniera netta il comportamento dell’Abilità stessa. Non è necessario spendere punti per sbloccare questi elementi, la cui disponibilità è però condizionata dall’averne speso un certo numero nella stessa sezione, o sotto-sezione: per arrivare a poter equipaggiare un’Abilità Suprema in un playthrough è necessario concentrare i propri punti quasi esclusivamente su quell’unica sezione dello skill tree. Manco a dirlo, è possibile equipaggiare in ogni momento una sola Miglioria ed eventualmente una sola Abilità Suprema... altre delicate scelte da compiere!

Arrivati al livello 20 si sblocca poi lo slot per eventuali Mod di Classe (altro elemento tipico dei Borderlands) rivenute od acquistate: esse non soltanto garantiscono bonus diretti di vario genere, ma forniscono uno o più punti extra ad abilità dello skill tree, arrivando a poter influenzare le nostre scelte in merito. Le mod vengono gestite alla stregua di un’arma, sono quindi caratterizzate da un loro livello e grado di rarità. Pur essendo, come dice il nome, specifiche per una certa Classe, i drop sono del tutto casuali e non è raro trovarsi a raccogliere mod che di fatto non si possono utilizzare.

Con tale varietà di opzioni e di scenari possibili non è certo difficile immaginare che si possa desiderare di procedere ad un totale re-spec della nostra build! Questo è possibile, ma solo dopo aver raggiunto un certo punto della storia, legato alla conquista del primo Rifugio in cui è presente il macchinario che consente l’operazione. Inoltre, la funzionalità richiede il pagamento di una somma (in valuta del gioco, naturalmente!) non particolarmente proibitiva, ma sufficiente per scordarsi di poter fare re-spec troppo di frequente.

Ci sarebbe ancora molto da dire sui contenuti di Borderlands 4: vi abbiamo parlato poco dell’end-game (un sistema di scontri a difficoltà progressiva, con cui scalare i ranghi da “Ultimate Vault Hunter”, e fonte continua di loot, a cui dedicarsi alla caccia dell’agognato roll perfetto) e di molte altre feature: le fiale curative soggette ad un tempo di ricarica, l’esistenza di Aumenti per incrementare certi parametri delle armi e l’inedita possibilità (nell’end-game) di trasferire componenti da un’arma su un’arma diversa. O ancora, altra novità assoluta, la modalità “Bis Sanguinario di Moxxi” che ci permette, dietro pagamento di una modesta cifra, di rigiocare, a run ancora in corso, tutte le boss-fight già completate. D’altra parte questo articolo non può diventare un trattato e la necessità di tagliar corto su questi e altri aspetti valga come riprova della gran mole di novità e contenuti che Gearbox ha saputo ammassare in questo suo nuovo gioco!

Non si può però trattare di Borderlands 4 senza soffermarsi sulla modalità cooperativa a 4 giocatori, che fin dagli esordi è un “marchio di fabbrica” della serie. Il gioco offre una totale apertura delle sessioni di gioco, supportando il cross-play fra tutte le piattaforme in cui è presente (e ne approfittiamo per ricordare che non è disponibile per le vecchie Xbox One), a condizione che i partecipanti siano registrati sulla piattaforma SHiFT di Gearbox, che funge così da orchestratore del matchmaking. Naturalmente possiamo restringere a nostra discrezione questa configurazione, disattivando il cross-play e anche limitando l’ingresso in partita a giocatori della nostra lista amici, fino ad arrivare a creare una sessione totalmente privata, solo su invito. Inoltre Borderlands 4 ha mantenuto (e credo gli vada reso merito) anche la co-op locale a schermo condiviso, per due giocatori: da notare che è possibile partecipare a una co-op online anche a partire da una co-op locale! La partecipazione al gruppo è basata su un rigoroso drop-in/drop-out, è quindi possibile aggregarsi o uscire dal gruppo in qualsiasi momento, anche mentre il gruppo è nel vivo dell’azione, l’esperienza guadagnata viene sempre mantenuta, così come i progressi conseguiti nel corso della sessione: ad esempio, un Rifugio di cui si prende possesso durante una sessione co-op sarà mantenuto tale anche una volta tornati alla nostra partita single-player.

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Sul fronte della difficoltà il livello dei nemici, che ovviamente scalano in funzione del numero di partecipanti così da mantenere un giusto tasso di sfida, sarà rapportato al livello di ciascun giocatore ed il loot droppato dai nemici abbattuti sarà anch’esso adeguato al livello di ogni giocatore, essendo istanziato separatamente per ciascuno dei partecipanti. Insomma, dopo aver proposto nei precedenti Borderlands 3 e Wonderlands la possibilità di scegliere tra questo approccio e quello tradizionale dei primi Borderlands (i nemici sono al livello della partita in cui si entra, il loot è unico e va a chi se lo prende per primo) per Borderlands 4 Gearbox ha optato per la soluzione più user-friendly, per così dire, scelta che non stupisce in quanto in linea con una filosofia generale del gioco. Manco a dirlo la coop, è sempre molto divertente ed il gioco diventa nettamente più abbordabile, in quanto sia la possibilità di rianimare un compagno senza più salute sia quella, nella peggiore delle ipotesi, di re-spawnare nel check-point più vicino e raggiungere i compagni (che nel frattempo hanno tenuto vivo il combattimento) contribuiscono senza dubbio a semplificare di molto la sfida.

Infine, alcune annotazioni sulle performance riscontrate sulle nostre console. Su Series X Borderlands 4 offre la classica possibilità di scelta tra le due modalità Performance e Qualità. In considerazione anche della particolare cifra stilistica del gioco, personalmente credo valga la pena sacrificare un po’ di risoluzione per godere di un’azione più fluida. La differenza in effetti si avverte, anche perché il campo visivo è abbastanza ridotto, intorno ai 70° e quindi un po’ “faticoso” da gestire: purtroppo la versione console non offre al momento la possibilità di impostare un FOV diverso, ma ci risulta che Gearbox abbia già annunciato di volerla includere quanto prima in un aggiornamento. Discorso analogo vale per l’utilizzo del motion blur che su console non si può, almeno per il momento, disattivare o ridurre. Al netto di queste osservazioni, il gioco si è comportato in maniera più che buona, senza momenti di seria difficoltà del motore, sia in situazioni all’aperto con campo visuale molto lungo, sia in situazioni più concitate, come ad esempio le boss-fight, un vero tripudio di effetti elementali di vario genere. Qualche incertezza l’ho notata semmai nelle cinematiche (non ho ancora avuto modo di scrivere che sono molto belle: lo faccio adesso), con occasionali ma evidenti cali del frame-rate. Su Series S non sono invece disponibili possibilità di scelta, con Borderlands 4 che punta a garantire un frame rate di 30fps, rilevatosi in effetti stabile. Il livello di dettaglio rimane comunque accettabile, anche se occasionalmente si nota qualche pop-in e qualche ritardo nel caricamento di certe texture.

Amore

Il paradiso delle sparatorie

- C’è poco da girarci intorno, Gearbox ha tirato fuori dal cilindro un gunplay clamoroso, divertente come pochi altri, anzi probabilmente il più divertente da parecchio tempo a questa parte. E’ un risultato che deriva da tante diverse componenti: l’accresciuto dinamismo dei movimenti, la straordinaria cura riposta nell’immaginare e disegnare un numero sterminato di armi diverse, l’efficacia della resa a schermo (con ottime animazioni ed un comparto audio immersivo come non mai), un sistema di classi profondo e articolato. Se valutassimo lo shooting in una “bolla” a sé stante, sarebbe un bel 10 meritato e senza esitazioni, che mancherebbe a mio avviso la lode solo per un’unica imperfezione: a volte si subisce danni in maniera un po’ arbitraria e nemmeno troppo chiara, ritrovandosi con la vita a zero, senza aver ben capito come e perché. Tutto ciò risulta ancora più notevole se pensiamo che lo shooting non era proprio il fiore all’occhiello dei primissimi giochi della saga, tra hit-box ballerine e feeling ondivago con i vari tipi di armi. Gearbox non è Bungie, o Infinity Ward... si poteva dire in passato: oggi forse non si può più ed il gameplay di Borderlands 4 si pone come punto di riferimento, in termini di spettacolarità, varietà ed appagamento, per ogni FPS in uscita in futuro.

It’s a wonderful world

- L’estetica di Borderlands 4 è qualcosa di unico e probabilmente godiamo oggi, grazie all’avanzamento tecnologico, della realizzazione completa di quella vision stilistica etichettata in vari modi nel corso del tempo (con annessi interminabili dibattiti sul trattarsi o meno di “vero” cel-shading), ma talmente iconica che oggi possiamo tranquillamente definire “alla Borderlands”, sicuri d’essere intesi da tutti. Il mondo di gioco in Borderlands 4 risplende come non mai, compiendo un ulteriore salto di qualità rispetto a quanto già di (molto) buono visto nel precedente Tiny Tina’s Wonderlands, grazie ad una cura dei dettagli davvero ammirevole (ci si potrebbe perdere le giornate solo osservando i particolari delle armi che imbracciamo) e allo sfruttamento delle potenzialità del Unreal Engine 5, che muove il gioco. Ma il mondo di Borderlands 4 non è solo bello da vedere, è anche incredibilmente intrigante da esplorare, perché non da meno è stato il lavoro di world-building in termini di qualità e quantità di biomi, ambienti e locazioni creati sulla superficie di Kairos (ma anche sotto di essa! E anche... altrove!). La scelta di strutturare il gioco come un open-world è stata adeguatamente supportata con la creazione di un mondo davvero meraviglioso, tutto da scoprire.

... è Borderlands!

- Si può discutere ampiamente di come si sia deciso di far evolvere questa celebre IP, ma indipendentemente da qualsiasi considerazione, per un fan della saga si tratta comunque di un “ritorno a casa” a lungo atteso e molto gradito. Infatti, a dispetto delle evoluzioni avvenute nel corso del tempo (e magari in direzioni non sempre condivisibili al 100%), Borderlands 4 è a pieno, pienissimo titolo, “un Borderlands”. Si tratta d’una continuità che è certo stilistica e tematica (da non dimenticare la presenza, e in ruoli anche di primo piano, di molti personaggi celebri ripresi dai precedenti episodi), ma che trae la sua vera forza soprattutto dai tanti piccoli elementi di gameplay che da sempre hanno connotato la serie e che qui sono stati intelligentemente preservati, avendo Gearbox lavorato per aggiunte, e non per eliminazioni: tutti insieme contribuiscono a mantenere e anzi rafforzare il feeling unico e particolare della Serie.

Tutto in italiano

- Non solo i testi di Borderlands 4 sono localizzati in italiano, ma possiamo godere di un pregevole doppiaggio di tutte le voci nella nostra lingua. Qualcuno potrebbe obiettare che da un gioco di questa caratura non ci si aspetta nulla di meno, ma considerate le frequenti “delusioni” ricevute in merito negli ultimi tempi, mi fa piacere confermare la cosa e rimarcare l’eccellente lavoro fatto da Gearbox e 2K Games. Comprensibilmente qualcosa si perde rispetto all’originale, ma la qualità della traduzione e della recitazione è nel complesso di alto livello, per cui chapeau (anzi, tanto di cappello) !

Odio

Una IP con qualche crisi d’identità

- Verrebbe da dire che la prima avvisaglia in merito la si ha fin da subito, ascoltando il tema orchestrale che ci accoglie nel menu iniziale del gioco: un pezzo strumentale d’atmosfera, che ben potrebbe figurare nel prossimo episodio di The Expanse, ma che si armonizza davvero poco con il tono dissacrante e sopra le righe che connota tutta la saga! In generale, le innovazioni compiute nel corso degli episodi, con personaggi ed ambientazioni via via sempre più accattivanti e colorati rispetto ai corrispettivi “brutti, sporchi e cattivi” degli esordi, così come pure gli accorgimenti per un gameplay sempre più accessibile, dinamico e spettacolare trovano il loro culmine in questo Borderlands 4, che strizza palesemente l’occhio ad un pubblico giovane (pensate sia un caso che la skin di Moxxi arrivi su Fortnite, in occasione di questa uscita?) e che però allo stesso tempo non indietreggia sul piano dell’ultra-violenza, seppur surreale e ironica, né del linguaggio non esattamente monacale, andando prevedibilmente incontro all’ennesimo rating “per adulti” del franchise. Insomma, a proposito di adulti: la serie sta diventando maggiorenne (la prima uscita risale infatti al 2009), ma in questo gioco a volte dà l’impressione di non saper ancora cosa voler davvero diventare da grande.

L’open world diluisce l’esperienza

- Penso sia in certa misura inevitabile, quindi non ne faccio necessariamente una “colpa” al gioco, ma è difficile negare che il passaggio ad un vero e proprio open world penalizzi in qualche misura l’incisività della narrazione. Capita di perdersi alla caccia di questo o quel collezionabile, di dedicare un’intera sessione di gioco ad una missione secondaria parecchio articolata (e quelle “di fazione” lo sono, ad esempio) e finire col perdere un po’ di vista lo sviluppo della storyline principale, già di suo concepita per consentire un progresso da fronti diversi: scelta coerente con il design del gioco, ma non proprio l’ideale in termini di presa che si riesce ad imprimere sul giocatore. Si tratta di un cambio di passo destinato a creare qualche perplessità soprattutto in chi ha familiarità con i giochi precedenti, dove in virtù della struttura “a zone” il ritmo della Campagna era meno dispersivo.

IA incerta

- Va bene che buona parte dei tizi che si aggirano per Kairos sono dei pazzi furiosi, ma ciò non basta a giustificare le performance spesso deludenti della IA del gioco nel gestire i comportamenti dei nostri avversari durante gli scontri a fuoco. Intendiamoci, la situazione non è poi così grave, per almeno un paio di motivi. Il primo è che questo non è uno shooter tattico: certo, vale sempre la pena spendere due neuroni per valutare da che lato attaccare un avamposto, o a quale avversario dare la priorità, ma le fight di Borderlands 4 sono una misura della nostra potenza di fuoco, non della nostra sagacia tattica. Il secondo è che i problemi non sono sistematici, anzi il gioco si comporta nel complesso in modo soddisfacente. Il fatto è che quando toppa, toppa alla grandissima (ad esempio con avversari che restano immobili come se non ci avessero individuato) e ciò crea in chi gioca un’impressione quasi ingigantita rispetto alle effettive ripercussioni sul gameplay. Detto questo, si può certamente fare meglio!

Interfaccia di gestione rivedibile

- Esteticamente non c’è nulla che non vada, anzi alcune soluzioni (ad esempio l’aver disposto i quattro slot delle armi a comporre una sorta di quadrifoglio) mi sono piaciute davvero tanto, ma in termini di funzionalità l’interfaccia utente non è particolarmente comoda (molte scelte peraltro fanno percepire la priorità data al controllo con mouse e tastiera) né intuitiva, soprattutto per quanto riguarda la gestione dell’inventario. Probabile che alcune scelte possano venire ritoccate in futuro, nondimeno, allo stato attuale, qualche problema c’è. Ad esempio, difficile comprendere la scelta di imporre come criterio di ordinamento predefinito dell’inventario quello per produttore, obbligando ogni volta a selezionare un diverso criterio d’uso più frequente, come quello per livello, o per rarità degli oggetti. Oppure la scelta di non prevedere per un oggetto un comando “invia alla Banca” obbligando invece prima a contrassegnare gli oggetti con il tag Banca, per poi impartire il comando “invia alla Banca gli oggetti con il tag Banca”. Molto più convincente l’interfaccia a supporto delle fasi di gioco, pulita e ricca di informazioni, anche se un po’ dispiace che sia stato abbandonato il “finto 3D” dei testi, con le scritte leggermente inclinate in chiave prospettica, uno dei tratti riconoscibili della serie.

Tiriamo le somme

Borderlands 4 ha tutto quello che si può chiedere oggi ad una produzione tripla-A e Gearbox è riuscita nel non facile compito di bilanciare innovazione e rispetto degli elementi caratterizzanti della saga. La formula del looter shooter in prima persona oggi è assai meno dirompente di un tempo e se ne può avvertire una certa usura, però a conti fatti questo è un "more of the same" che ha senso e che convince, forte di un gameplay clamoroso, praticamente impeccabile. Al gioco manca un po' di voglia di rischiare e di incisività, specie sul piano narrativo (dove dopo Borderlands 2 mi pare che Gearbox non sia riuscita a tornare alla stessa - straordinaria - qualità), ma nel complesso Borderlands 4 si pone come un serissimo pretendente al trono di miglior gioco action/shooter dell’anno, un ritorno sulla scena in grande stile per questa storica serie.
9.0

c Commenti (10)

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L'autore

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La sua passione per il gaming nasce nel lontanissimo 1982 con Gorf per Vic-20, ma da quando ha scoperto le "gioie" della caccia agli obiettivi, gioca solo su Xbox. Il suo nemico giurato è l'Arretrato, smisurato ed in costante aumento. Maguzzolo però non si arrende: armato di sei console ed un numero sterminato di controller, continua a dare battaglia.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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