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Battlefield 6
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Recensione - Battlefield 6Xbox Series X | SGame

Dopo il discusso Battlefield 2042 del 2021, Battlefield Studios e Electronic Arts tornano sul campo con Battlefield 6, un capitolo che promette di riconquistare la fiducia dei fan. La serie, sinonimo di battaglie su larga scala, si trova ancora una volta davanti a una sfida cruciale: mantenere la sua identità unica, adattandola però al pubblico moderno, tra evoluzione tecnica e gameplay più accessibile. Ci saranno riusciti? Scopritelo nella nostra recensione!
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Il Gioco

Inutile negarlo, il precedente capitolo della saga, Battlefield ha deluso tutti. DICE (ora Battlefield Studios, insieme ad altri team) aveva fallito nel delineare il futuro della serie, proponendo un gioco senza identità, rinunciando alle Classi di combattimento e alla distruttibilità ambientale, che anche se pur presente in contesti scriptati e spettacolari, aveva tolto il sapore tattico dell’esperienza. Senza contare che Battlefield 2042 proponeva la sua offerta senza nemmeno includere una campagna a giocatore singolo, probabilmente ritenuta marginale dal team di sviluppo, ma che immancabilmente ha alzato un polverone attorno al titolo. Ma non siamo qui per parlare del passato, ma del futuro di Battlefield. Un futuro che fin da subito vi posso assicurare risplende nuovamente di luce propria, anche se non privo di ombre.

Partiamo dalle basi. Questa nuova iterazione dello sparatutto multiplayer di Battlefield Studios riparte da zero, con l’intento di ascoltare i fan e proporre l’esperienza di Battlefield più completa di sempre. Complice anche l’iniziativa Battlefield Labs, che grazie a numerosi test di gioco condotti ha permesso ai fan di accedere alla struttura di gioco per testarlo, ancora prima che il titolo venisse formalmente annunciato, questo nuovo capitolo arriva sul mercato con diverse marce in più e qualche asso nella manica. Innanzi tutto dietro questo Battlefield 6 non c’è solo lo storico team della serie DICE, ma un collettivo di team di sviluppo riuniti sotto l’etichetta Battlefield Studios, che comprende la già citata DICE, Criterion Games, Ripple Effect e Motive Studio. Questo gruppo di talenti si è suddiviso il lavoro, dedicandosi ognuno principalmente a un aspetto del gioco, per arricchire l’offerta che si presenta ricca fin già dal giorno di lancio.

MX Video - Battlefield 6

Battlefield 6 propone il ritorno della modalità Campagna per giocatore singolo, l’immancabile multiplayer che è il cuore pulsante del gioco e l’evoluzione della modalità Portal, che questa volta più che un semplice modificatore per i match online si avvicina molto di più alla modalità Forge di Halo Infinite. Nella mia esperienza di review, la prima offerta su cui mi sono cimentato è stata proprio la Campagna, che pone la sua struttura su una premessa piuttosto interessante: nel 2027 la NATO inizia a perdere potere, anche a causa dell’assassinio del suo presidente. Molti stati europei decidono di lasciare la coalizione, lasciando le sue fondamenta incrinate dalla sfiducia e incertezza mondiale, dando così spazio a una corporazione militare privata, la PAX Armada, di prendere potere, finanziata da una coalizione di paesi che includono anche ex membri della NATO, dando alla corporazione fondi e le tecnologie più recenti. L’influenza dei PAX aumenta e molti eserciti iniziano a cedergli basi strategiche e il controllo delle operazioni. Durante una di queste operazioni di transizione in Georgia, qualcosa va storto e quello che doveva essere un passaggio di mano pacifico si trasforma in una guerriglia che vede le forze statunitensi fuggire dall’invasione armata dei PAX. Da quel momento inizia la guerra tra NATO e PAX Armada, in un conflitto su scala globale che rischia di ridurre il mondo in cenere.

Queste sono le premesse narrative che fanno da sfondo alla vicenda, che ci vede impegnati in 9 Missioni ambientate in diversi angoli del mondo mentre cerchiamo di sventare i piani dei PAX e del suo misterioso leader. Fin da subito facciamo la conoscenza della nostra squadra, i Dagger, di cui fanno parte Haz Carter, che ricopre il ruolo di Assalto, Dylan Murphy nel ruolo del Geniere, Simone “Gecko” Espina classe Ricognitore e infine Cliff Lopez, nel ruolo del Supporto e medico da campo di turno. C’è inoltre un quinto membro della Dagger che si incontrerà procedendo nella campagna, il cui mistero e presentazione ricorda molto il personaggio di Ghost nella serie Call of Duty. Ogni membro dei Dagger presenta una caratterizzazione piuttosto differente, dando voce a personalità diverse, evolvendoli dunque da semplici comparse a schermo. Sia chiaro, non stiamo parlando di una profondità di scrittura da strapparsi i capelli, ma è indubbiamente lodevole lo sforzo del team di cercare di dare ai protagonisti del gioco un minimo di caratterizzazione. In base alla missione giocata, si impersonerà un membro dei Dagger differente, lasciando il controllo degli altri all'IA, dato che saranno sempre presenti al nostro fianco.

Come accennato poc’anzi, ogni membro della squadra Dagger rappresenta un ruolo che corrisponde alle Classi della modalità multigiocatore, dandoci così l’impressione di essere inseriti in una squadra ben bilanciata durante un match in multiplayer. Questo permette una notevole varietà durante gli scontri, in aggiunta alla possibilità di impartire semplici ordini alla propria squadra durante gli scontri, sfruttando le abilità di ogni membro dei Dagger. Per esempio, l’ordine Ricognizione farà in modo che il cecchino Gecko marchi i nemici presenti nell’area, dando così un notevole vantaggio nello scontro. Altro esempio, c’è una torretta nemica che non vi permette di avanzare? Date il comando Demolizione a Murphy e lui la farà saltare in aria con i suoi esplosivi. Per quanto siano comandi semplici e ben lontani da Shooter tattici come Ready or Not, è apprezzabile l’intento del team di farvi sentire membri di una squadra di soldati variegata, dove ogni componente può sfruttare al meglio le sue abilità, competenze e personalità.

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Anche la distruttibilità ambientale gioca un ruolo importante durante gli scontri, con la possibilità di far crollare pezzi di edifici dove magari si celano cecchini nemici, oppure distruggere le pareti di un appartamento per aggirare gli avversari e sorprendendoli così ai lati. C’è una buona dose di sperimentazione durante la Campagna, peccato che non tutti i livelli permettano questa libertà, oscillando tra alti e bassi. Quando il team di sviluppo aveva dichiarato che le fonti principali d’ispirazione per Battlefield 6 erano Bad Company e Battlefield 3, mi aspettavo di vivere missioni su vaste mappe esplorabili che premiavano una buona strategia, come appunto accadeva nel primo indimenticabile Bad Company. Purtroppo il level design delle missioni a giocatore singolo blocca l’azione in aree per lo più piccole, dal sapore più lineare e che premiano la spettacolarità attraverso scene scriptate piuttosto che la sperimentazione del giocatore. Spesso mi sono ritrovato a tentare pratiche di accerchiamento contro le linee nemiche, per ritrovarmi davanti la scritta di confine “torna indietro” accompagnata dall’immancabile countdown, oppure nel peggiore dei casi muri invisibili che non mi permettevano di tornare indietro. Ci sono dei momenti in cui la Campagna dà il meglio di sé, specialmente durante le missioni 8 e 9 (ne parliamo in dettaglio più avanti), ma non posso negare, mentre completavo la storia, di aver percepito una leggera amarezza che sapeva di occasione mancata. Anche l'IA dei nemici e dei compagni è piuttosto rotta, rendendo spesso inutile tentare manovre complesse. Durante la Campagna si ha modo di pilotare anche diversi veicoli, con inoltre missioni pensate ad hoc, come per esempio l’immancabile operazione che si svolge per lo più a bordo di un carro armato. Bella da vedere mentre si corre in un plotone di Carri verso le piramidi di Giza, ma si ha davvero la sensazione che sia stata inserita per far numero piuttosto che che dare un reale valore aggiunto al gameplay o alla storia. Esplorando gli scenari con lo scopo di trovare collezionabili ci si imbatte spesso in un numeroso numero di armi sempre diverse, rifornimenti di munizioni ed esplosivi. Quindi è praticamente quasi impossibile rimanere a secco dopo uno scontro a fuoco. Inoltre, venire abbattuti non significa necessariamente game over. In base alla difficoltà di gioco scelta, si hanno a disposizione un numero di rianimazioni possibili che permettono al medico Lopez di curare il giocatore. Consumate le rianimazioni, una volta a terra sarà effettivamente morte certa, a meno che non troviate delle cariche di rianimazione esplorando lo scenario, sotto forma di defibrillatori da campo. Mentre si esplorano i livelli vi consiglio di prestare attenzione a quello che dicono i vostri compagni di squadra, in quanto vi segnalano prontamente la presenza di armi, esplosivi, equipaggiamento e così via, così come la presenza di Tank o cecchini nemici. Sul lato del coinvolgimento nel gameplay la Campagna funziona abbastanza bene quindi, ma purtroppo non si può dire lo stesso del comparto narrativo.

Parliamo ora un attimo della storia, ovviamente senza fare spoiler. Inutile girarci attorno, la campagna di Battlefield 6 non riesce a lasciare il segno. La scrittura appare mediocre, costruita su dialoghi stereotipati e situazioni viste e riviste. Gli eventi si susseguono con ritmo diseguale, senza mai trovare una reale profondità tematica o emotiva. Certi personaggi entrano ed escono di scena senza costruzione o peso narrativo, rendendo difficile affezionarsi a qualcuno. In primis il villain principale è gestito in modo disastroso: introdotto con potenziale, ma presto ridotto a una macchietta prevedibile, priva di spessore o motivazione. Un peccato, perché dietro a certi spunti geopolitici si intravedeva una trama capace di raccontare qualcosa di più grande, con tensioni mondiali che oggi più che mai ci toccano da vicino, ma che invece tutto si perde in cliché hollywoodiani e colpi di scena forzati. Battlefield 6 vuole raccontare il dolore della guerra come se fosse un gioco, ma la guerra non è un gioco, e opere come Spec Ops The Line lo mettono in scena molto bene. La narrativa di Battlefield 6 è una storia che funziona come contesto, ma non come esperienza da ricordare. Un’occasione sprecata a mio avviso, per dare finalmente a Battlefield quella identità narrativa che da anni promette ma non trova.

Sia chiaro, la Campagna non è brutta da giocare e si affronta con molto piacere, ma è innegabile che forse è arrivato il momento di uscire dai binari classici di queste esperienze per offrire qualcosa di più. Per quelli di voi che pensano di ignorare completamente questa esperienza passando direttamente al multiplayer, sappiate che Battlefield Studios ha pensato bene di rendere l’esperienza utile anche per chi vuole "sfondarsi" di multiplayer, inserendo sfide da completare durante la campagna che spaziano dal raccogliere i collezionabili, completare una missione usando solo una pistola, e così via. Il completamento di queste sfide permette di sbloccare elementi per il multiplayer, come accessori, skin e moltiplicatori XP e boost vari. Il mio consiglio è di affrontarla e di gustarsela, partendo subito dalla difficoltà veterano, in modo di percepire un minimo di sfida. Durante la mia run ho completato la Campagna a difficoltà veterano, completando un manciata di sfide e trovando circa un decina di collezionabili, in circa 6 ore.

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Cambiamo totalmente discorso e voliamo tra i campi online di Battlefield 6. Potrei concludere la mia recensione qui e ora, semplicemente dicendo che il comparto online del titolo rasenta la perfezione. Sarebbe ingiusto però non spiegare per quale motivo reputo il multiplayer di Battlefield 6 una delle esperienze più divertenti e gratificanti a cui abbia giocato negli ultimi anni. Partiamo parlando della struttura. Il gioco presenta numerose mappe e modalità, con obiettivi diversi. In partita si sceglie la classe che si vuole impersonare tra Assalto, Geniere, Supporto e Ricognitore. L’Assalto è la classica classe per chi vuole sfondare le linee nemiche in prima linea, specializzato nell’utilizzo di fucili d’assalto, fucili a pompa e strumenti d’assedio. Questi strumenti permettono di avventarsi sugli avversari in modo creativo, per esempio posizionando la scala d’assalto si possono raggiungere direttamente i piani superiori negli edifici e cogliere gli avversari di sorpresa, oppure con il lanciatore di proiettili da irruzione si spara un colpo contro il muro, che penetra il cemento e rilascia una carica abbagliante nella stanza oltre adiacente. Perfetto per tattiche d’assedio che spingono a una maggiore tattica offensiva. La classe Geniere invece è specializzata nell’uso di mitragliette SMG, esplosivi ed è dotata di lanciamissili per contrastare i mezzi corazzati di terra o forze aeree nemiche. Oltre a ciò è dotata di un saldatore, utile per riparare i mezzi e le postazioni d’artiglieria alleata. Da non sottovalutare il Supporto, armato di mitragliatrice pesante LMG che si identifica come classe perfetta per dare fuoco di copertura e riparo con i suoi muri mobili, posizionabili in qualunque punto della mappa. Questa classe è anche il medico da campo, quindi munito di defibrillatore che permette di rianimare immediatamente un alleato, e di borse di rifornimento che possono comprendere medicinali o munizioni. L’ultima classe è il Ricognitore, armato di fucile di precisione e perfetto per comandare il campo di battaglia da lontano. Grazie al suo binocolo può marcare la fanteria e i corazzati nemici per gli alleati, oltre che disporre di un utile drone con cui esplorare il campo di battaglia e attaccare le truppe avversarie con effetto sorpresa. Ovviamente ci sono molte altre armi e gadget per ogni classe, ma già da questa premessa dovrebbe essere chiaro che padroneggiare con maestria una classe può fare la differenza nel campo di battaglia.

Parliamo invece delle modalità, che si presentano numerose spaziando dai grandi classici fino a introdurre una modalità del tutto inedita. Le classiche Conquista e Sfondamento restano le esperienze simbolo della serie: battaglie su larga scala con veicoli, settori da conquistare e una tensione continua tra attacco e difesa. Accanto a queste tornano Corsa, incentrata su obiettivi da distruggere, e le più immediate Team Deathmatch e Squad Deathmatch, ideali per chi preferisce azioni rapide e caotiche. Per chi cerca qualcosa di più tattico ci sono Dominio, più contenuta e focalizzata sulla fanteria, e Re della Collina, dove tutto ruota attorno al controllo di una singola zona contesa. La novità più interessante è Escalation, una modalità nuova di zecca che si presenta come una interessante variante di conquista, dove la sua natura dinamica, in cui i punti di controllo cambiano durante la partita, costringe le squadre ad adattarsi e muoversi costantemente. Appare chiaro che la varietà di modalità viene incontro a un numeroso numero di giocatori e il tutto non funzionerebbe se i team di sviluppo non avessero proposto un’offerta di mappe di gioco all’altezza. Le mappe presenti al lancio sono nove, e se il numero vi sembra esiguo per il numero di modalità, non temete. Grazie ad un ragionato level design, la maggior parte delle mappe presenta una natura modulare, studiata e progettata fin dall’inizio. Con natura modulare intendo mappe che si adattano a ogni dimensione in base alla modalità scelta. Per farvi un esempio la mappa Offensiva Iberica, ambientata in una cittadina collocata nello Stretto di Gibilterra, durante le modalità Guerra Totale (Conquista, Escalation, ecc) presenta un’intera porzione della cittadina, ricca di edifici da radere al suolo, strade da solcare con carri armati e jeep, vicoli stretti da sfruttare per muoversi veloci con la fanteria per raggiungere il prima possibile piazze da conquistare e punti strategici. Lo scontro è vasto e stratificato, ma se si sceglie di giocarla in Dominio o Team Deathmatch la stessa mappa viene sfruttata in una porzione più contenuta di un piccolo quartiere, portando il vero scontro tra i vicoli, i cortili e gli interni delle palazzine.

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Le mappe modulari e diversificate di Battlefield 6 rappresentano uno dei passi avanti più evidenti rispetto al capitolo precedente. Battlefield Studios ha inoltre ridotto leggermente le dimensioni rispetto a 2042, preferendo spazi più densi, leggibili e tatticamente interessanti. Mentre nel precedente capitolo le mappe erano pensate per ospitare 128 giocatori, 64 per squadra, in Battlefield 6 il numero è stato portato a 64 giocatori totali, suddivisi per 32 giocatori per squadra. Per lo meno nelle modalità su vasta scala. Questo cambiamento ha portato fortunatamente a una progettazione più accurata degli scenari, con il risultato dal design che favorisce il gioco di squadra e limita quelle zone vuote che nel passato finivano per spezzare il ritmo delle partite, oltre che rendere piuttosto noiosi certi spostamenti. Ogni mappa è pensata per incoraggiare il movimento costante, con linee di tiro bilanciate, punti di copertura intelligenti e percorsi multipli che evitano la sensazione di essere continuamente bersaglio da ogni direzione, soprattutto nelle mappe urbane come Assedio del Cairo e Manhattan Bridge. Le mappe di Battlefield 6 rappresentano uno dei punti più riusciti del gioco, grazie alla varietà di ambientazioni e alla differenziazione nel gameplay che ciascuna propone. Assedio del Cairo ci porta tra le strade e i palazzi della capitale egiziana, in un intenso scenario urbano dove fanteria e mezzi corazzati si contendono il controllo dei quartieri principali, tra barricate improvvisate e strade devastate dai combattimenti. Offensiva Iberica, invece, è ambientata in una città affacciata sullo stretto di Gibilterra: pur rimanendo un contesto urbano, qui il design favorisce maggiormente la fanteria, con una fitta rete di vicoli e passaggi stretti, mentre i mezzi corazzati dominano solo le arterie principali.

Con Picco della Liberazione il conflitto si sposta in un ambiente montano di grandi dimensioni, dove elicotteri e jet si aggiungono al caos del campo di battaglia. Le due squadre partono da estremità opposte della mappa, una da un villaggio e l’altra da una base fortificata in altura, contendendosi il controllo del “picco della liberazione”. Empire State ci riporta a New York, in un combattimento ravvicinato tutto dedicato alla fanteria: vicoli stretti, negozi accessibili e luoghi simbolici come un museo, un edificio in ristrutturazione e un parco lungo il fiume creano un’esperienza urbana densa e immersiva. Diversa è Ponte di Manhattan, anch’essa ambientata nella Grande Mela ma su scala maggiore, con la presenza di carri blindati, jeep ed elicotteri che permettono scontri più dinamici tra le strade principali e sui tetti dei grattacieli. Saints Quarter offre un cambio di tono con la sua città europea dai colori vivaci, un dedalo di case, piazze e fontane dove si combatte esclusivamente a piedi, tra scorci pittoreschi e brutalità della guerra. New Sobek City è invece un degradante complesso di palazzi in costruzione nel mezzo del deserto: un’arena ideale per veicoli corazzati e scontri a lungo raggio, con postazioni sopraelevate perfette per i cecchini. Le due mappe più ampie del titolo, Valle di Mirak e Operazione Firestorm, offrono il massimo della scala e della libertà. La prima si estende su una valle tra le montagne, con villaggi distrutti, trincee e campi coltivati che si alternano a vaste aree pianeggianti; la seconda ripropone un classico della serie, ora rinnovato, con la gigantesca struttura di estrazione al centro e la sua ciminiera infuocata che domina l’orizzonte, circondata da sabbia e impianti industriali.

Entrambe le mappe più grandi includono piste di decollo per jet ed eliporti, a sottolineare l’importanza dei mezzi aerei nelle battaglie su larga scala. Curiosamente, al momento mancano scenari marittimi o navali, nonostante siano uno degli elementi da sempre presenti nella saga.

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Ma è il feeling che conta, e posso assicurarvi che pad alla mano il gunplay è ben calibrato e dinamico, con il team di sviluppo che è riuscito a trovare il giusto bilanciamento tra la pesantezza tipica di Battlefield e gli scontri più rapidi da saghe come CoD. Il mix vince, premia e garantisce emozioni. Giocando al multiplayer di Battlefield 6 ci si sente nel bel mezzo di un conflitto che non risparmia niente e nessuno. Spari, esplosioni di lamiere e fiamme, distruzione e fango. Ogni elemento a schermo esalta il continuo senso di vastità e distruzione, e un paragrafo a parte lo merita sicuramente la distruzione ambientale, soprannominata dal team “distruttibilità tattica”. Mai come prima d’ora la serie ha spinto l’acceleratore sulla distruzione delle mappe, spingendosi in una nuova direzione. Le facciate degli edifici crollano in un caos di cemento e polvere, riversando i detriti sulle strade. I muri vengono sfondati, i pavimenti fatti crollare su se stessi, perfino il terreno sente il peso delle violente esplosioni, deformandosi con fosse di terra reclamate sotto uno strato di asfalto ormai in rovina. Ho visto un elicottero alleato venire colpito dalla contraerea nemica e sfracellarsi contro un palazzo a New York. Il relitto del veicolo è scivolato a terra, portando con sé l'intera facciata del palazzo tra il cemento e le fiamme, eliminando chiunque vi fosse dentro tra amici e alleati. Sono sopravvissuto per miracolo mentre me ne stavo posizionato con il mio fucile da cecchino, in cima ad una gru da costruzione nel bel mezzo di un cantiere a Mirak Valley, intento a fare kill con velocità e precisione. Sicuro di me stesso, non ho minimamente pensato che per abbattermi qualcuno potesse tentare di abbattere la gru dove mi trovavo. Ho sentito il metallo piegarsi e spezzarsi, mentre disperato mi sono lanciato in un grattacielo in costruzione, grazie al mio paracadute. La gru, posizionata tra due grattacieli, ha trascinato rovinosamente con sé una parte dell’edificio dove mi trovavo. L’adrenalina scorreva a mille, mentre mi rimettevo subito in piedi per sfuggire all’avanzata nemica. Questa è la distruttibilità tattica, dove ogni palazzo che può fornire riparo e copertura può essere sventrato, con addirittura gli edifici più piccoli che possono essere completamente rasi al suolo. Forse sarà una distruzione meno spettacolare del Levolution di Battlefield 4, ma è sicuramente più presente, vasta e al servizio del gameplay, piuttosto che mero spettacolo per gli occhi.

Immancabile nell’esperienza è la personalizzazione dei propri soldati, dall’equipaggiamento all’estetica. Ciascuna classe può essere modificata, man mano che si sbloccano nuove armi, skill ed equipaggiamento. Ogni personaggio parte con Percorso di Addestramento Base, che comprende diverse abilità passive come la velocità di recupero della salute, la velocità con cui riparare i veicoli e così via. Completando sfide e salendo di grado ogni Classe ottiene un addestramento avanzato che migliora le varie Skill, oltre che aggiungerne di nuove. Completando Match online e Sfide, si ottengono punti esperienza utili per salire di grado e sbloccare nuovi elementi, come Skin per i soldati, armi, veicoli, abilità, accessori e XP boost da usare a piacimento. Le Sfide si suddividono tra giornaliere, settimanali e di assegnazione. Queste ultime si frazionano a loro volta in sfide divise per modalità di gioco, utilizzo di classi, armi, ecc.

Appare chiaro che l’offerta di Battlefield 6 è un trionfo di qualità e quantità, un mix di ambientazioni, dimensioni e stili di gioco che conferma la volontà di Battlefield Studios ed EA di rendere questo capitolo il punto di riferimento assoluto per la serie, sostenuto da un piano di espansione stagionale già ambizioso e promettente.

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Concludo l’analisi trattando il versante tecnico dell’opera. Il comparto grafico di Battlefield 6 si conferma tra i migliori della serie: gli scenari sono curatissimi nei dettagli, con gli artisti che hanno dato vita a scorci mozzafiato e a una palette cromatica realistica, capace di trasmettere l’atmosfera di ogni ambiente, dal deserto arido alle strade urbane devastate. Gli effetti particellari sono in stato di grazia: la distruzione degli edifici, le fiamme che si propagano, la polvere sollevata dai veicoli e la luce volumetrica che sporca la visuale contribuiscono a un senso di caos autentico e spettacolare. Forse non pulito quanto l’inarrivabile Battlefield 1, ma è chiaro che i tecnici di Battlefield Studios si siano rimboccati maniche e calzoni per arrivare a tale livello, calcolando che sia in Modalità Qualità e sia Performace il gioco gira ancorato ai 60 frame rate al secondo, spingendosi con quest’ultima fino agli 80 frame per secondo, sacrificando in parte la resa visiva. Il mio consiglio è quello di gustarlo in Modalità Qualità, potendosi godere l’esperienza fluida fino ai 60 frame, senza il colpo d’occhio.

L’audio è altrettanto curato: la resa ambientale è realistica e immersiva, mentre i suoni di armi ed esplosioni sono amplificati con maestria, restituendo al giocatore l’impressione di essere davvero nel bel mezzo dello scontro. Ogni detonazione, ogni sparo, ogni fragore di veicolo corazzato appare calibrato con attenzione, rendendo l’esperienza di gioco non solo visivamente impressionante, ma anche totalmente coinvolgente sul piano sensoriale. Il gioco è completamente tradotto in italiano, sia nei testi a schermo sia nel doppiaggio, che si presenta di buona fattura.

Purtroppo non ho potuto provare Portal, la Fucina di Battlefield 6 pensata per ospitare e giocare ad esperienze personalizzate, perché EA non è riuscita ad attivarla durante il periodo di test. Stando alle premesse, però, Portal permette di creare modalità di gioco sfruttando le mappe esistenti, modificare radicalmente le Mappe tramite Godot (solo da PC) e intervenire sull'IA degli NPC per creare magari contenuti single player/coop.

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Amore

Il ritorno di Battlefield

- Questo capitolo segna un ritorno alla formula vincente che ha reso la serie leggendaria. Le mappe, i veicoli, le modalità, le classi e perfino il bilanciamento del time to kill si fondono in un’esperienza armoniosa e soddisfacente, capace di restituire la sensazione di trovarsi nel cuore di un conflitto autentico. Tutto è studiato per ricreare la magia dei tempi d’oro del franchise, offrendo un gameplay profondo, vario e straordinariamente appagante. Battlefield 6 riesce a intrattenere per ore, con un ritmo e una struttura che non annoiano mai.

Il sistema delle Classi

- Il ritorno del sistema a classi dona nuova linfa vitale alla componente tattica del gioco. Formare una squadra di quattro giocatori, ciascuno con un ruolo ben definito, restituisce la sensazione di far parte di una piccola unità d’élite dove la cooperazione è tutto. Ogni classe ha i suoi punti di forza e debolezza, e quando la squadra lavora in sinergia, il gioco raggiunge livelli di profondità strategica davvero notevoli. È un ritorno alle origini, ma con un tocco di modernità che funziona alla perfezione.

Le dimensioni non contano

- Se siete fan di Battlefield sicuramente passerete molte ore a giocare nelle modalità Guerra Totale, con il massimo dei giocatori, nelle mappe più vaste e ricche di veicoli. Ma il mio consiglio è di cimentarvi anche nelle modalità Logoramento, quelle ambientate in mappe più piccole e da affrontare in modalità come Team Deathmatch, Dominio e Re della Collina. Complice il sistema di movimento ben bilanciato, condito dal Time to Kill perfetto, giocare a queste modalità mi ha portato alla mente le notti passate nel multiplayer dei primi Call of Duty: Modern Warfare per Xbox 360, che casualmente erano realizzati dalla Infinity Ward di Vince Zampella, che ha diretto i lavori su Battlefield 6.

Distruzione Tattica, travolgimi tutto

- L’enfasi posta sulla distruzione ambientale è uno degli elementi più distintivi e riusciti del titolo. Battlefield 6 osa dove altri non si avventurano (ad eccezione del notevole The Finals, sviluppato da ex membri di Battlefield Studios). Qui la distruzione non è solo spettacolare da vedere: è parte integrante del gameplay. Abbattere edifici, far collassare coperture, o ritrovarsi nel caos di una struttura che cede sotto il fuoco nemico è un’esperienza che amplifica l’immersione in modo unico. Il sistema funziona, è gratificante e raggiunge il suo apice quando la devastazione sfugge completamente al controllo del giocatore, generando momenti imprevedibili e memorabili.

Divertimento ed emozione in single player

- La campagna per giocatore singolo, pur con i suoi difetti, contiene alcuni momenti che meritano particolare attenzione. Le missioni 8 e 9, in particolare, rappresentano due esempi opposti ma complementari di ciò che Battlefield potrebbe (e dovrebbe) diventare in futuro. La missione 8 è un piccolo gioiello di design: ambientata in una vasta vallata montana, permette al giocatore di muoversi liberamente a bordo di quad, scegliere in quale ordine distruggere tre siti antiaerei e decidere come approcciarsi agli obiettivi, che sia in modo furtivo o con azioni dirette alla Rambo. La possibilità di esplorare villaggi, stalle e magazzini alla ricerca di armi, collezionabili e punti strategici rende l’esperienza sorprendentemente aperta e dinamica. È un’idea che meriterebbe di essere espansa in un’intera campagna futura. La missione 9, invece, è l’opposto: un concentrato di caos, esplosioni e combattimenti su larga scala, dove veicoli, elicotteri e fanteria si scontrano in uno scenario che sembra uscito da un film di guerra hollywoodiano. Se Battlefield Studios riuscirà a fondere la libertà e l’esplorazione della missione 8 con la spettacolarità della 9, potremmo finalmente avere una campagna degna di essere ricordata negli anni a venire.

Odio

È scritto Campagna ma si legge Compitino

- La modalità a giocatore singolo non riesce a convincere fino in fondo. Le premesse narrative sono interessanti, ma vengono presto soffocate da una scrittura scialba e frammentata, da un’IA nemica e alleata poco reattiva e da un level design che alterna momenti riusciti ad altri piuttosto anonimi. Alcune missioni appaiono come meri riempitivi, con animazioni non sempre rifinite e un ritmo altalenante. Per quanto superiore alle campagne di Battlefield 4 e V, resta la sensazione di trovarsi davanti a un’occasione mancata, quasi come se fosse stata assemblata in fretta, con gli “scarti” del ben più curato comparto multiplayer. Nonostante ciò, ogni missione offre situazioni diverse e vale comunque la pena affrontarla, magari a difficoltà Veterano, per apprezzare al meglio l’esperienza. Non è una bocciatura, ma un chiaro invito a fare di più in futuro, perché il potenziale c’è, e si percepisce.

Qualche glitch e bug

- Difficile lamentarsi sul fronte tecnico, ma qualche piccola imperfezione c’è. Alcuni glitch grafici compaiono sporadicamente, senza tuttavia rovinare l’esperienza di gioco. Si tratta più di curiosità da segnalare che di veri problemi, che probabilmente verranno risolti con future patch, e che non compromettono in alcun modo la solidità complessiva del titolo.

Tiriamo le somme

Battlefield 6 è esattamente quello che Battlefield deve essere: divertente da giocare, ricco di contenuti da divorare e spettacolare da vedere. I team sotto l’etichetta Battlefield Studios emergono dalle ceneri di Battlefield 2042 come una fiamma che divampa, consegnando nelle mani dei giocatori l’esperienza più completa del franchise. Forse per qualcuno la mancanza degli scontri navali peserà, come chi sperava in un numero maggiore di mappe vaste nella falsa riga Mirak Valley o Operazione Firestorm, ma questo è solo l’inizio per l’opera dei BF Studios, il cui primo passo è stato arrivare sul mercato con un titolo bilanciato, pulito e stramaledettamente divertente da giocare. E se questo è solo l’inizio, meglio reggersi forti per il futuro.
9.0

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L'autore

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Nato 500 anni dopo la sua epoca ideale, è un appassionato di videogiochi e cinema fin da quando era bambino. Megalomane, egocentrico e inspiegabilmente affascinante, crede di sapere tutto sul mondo videoludico e cinematografico, non accettando obiezioni. Nessuno è pari alla sua magnificenza.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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