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Halo 5 e Hunt the Truth: la traduzione dell'Episodio 05

Con un po' di ritardo sulla tabella di marcia a causa dei molti dialoghi da tradurre, grazie al grande impegno del nostro utente Piero "SlowCrocodile" Fabretti vi proponiamo oggi il quinto episodio della serie di podcast legati ad Halo 5: Guardians Hunt the Truth, dove il giornalista Benjamin Giraud è alla ricerca della verità su Master Chief e sui segreti nascosti dalla Office Naval Intelligence.

Vi lasciamo alla traduzione ringraziando ancora Piero per il grande impegno messoci. E mettetevi comodi: c'è molto da leggere!


Episodio 05 - Out of Time

 

Una visita nelle profondità del quartier generale dell’ONI porta risultati inaspettati. Una voce dal passato ritorna. E un incidente durante un volo accende una fiamma che non si potrà più spegnere.

Benjamin: Salve, sono qui per vedere Michael Sullivan.
Receptionist ONI: Ha un appuntamento?
Benjamin: Uh, sì, sono Ben Giraud, ho un appuntamento all’una.

Dovermi presentare alla segretaria dell’ONI era una formalità bizzarra: dovermi presentare, lei che mi chiede il motivo per cui ero lì, era tutto solo una conversazione inutile. Uno sforzo per far sembrare più naturale tutta questa storia. In realtà la sorveglianza sapeva dove fossi in ogni momento. Praticamente da quando ero uscito di casa. Per tutta la mattina, mentre mi facevo largo nel terminal di Boston. La receptionist probabilmente aveva ricevuto per tutto il tempo continui aggiornamenti in tempo reale sulla mia esatta ora di arrivo, deviazioni dal percorso ottimale, pause bagno, la mia velocità di camminata media, o chissà quale altra cosa. Mi stavano aspettando.

Receptionist ONI: Gli farò sapere che è arrivato Ben.
Benjamin: Okay, grazie.

L’intera struttura dell’ONI era semplice ed elegante, ovunque io guardassi c’erano linee nette e materiali della più alta qualità. La cosa che più ti colpiva però era la quantità spropositata di spazi vuoti e il silenzio. La sala d’attesa era particolarmente vuota, c’erano solo due sedie in fibra di carbonio dal look minimalista posizionate a 20 metri l’una dall’altra. Notai anche che le sedie sembravano stranamente basse. Ne scelsi una, e mi sedei. La sedia era molto bassa da terra... Era strano. Probabilmente mi aspettavano da 60 a 90 minuti di attesa e questa sensazione di sconforto sicuramente non stava aiutando la mia ansia. Quando improvvisamente la porta dietro di me si aprì di scatto.

Receptionist ONI: Ben, mister Sullivan adesso la riceverà.
Benjamin: Adesso?
Receptionist ONI: Sì.

Mi alzai goffamente dalla sedia e attraversai la stanza. Il mio cuore era a mille.

Benjamin: Uhm, grazie.

Non mi rispose. Entrai in un corridoio stretto e vuoto pieno di porte chiuse. Stavo per girarmi e chiedere dove avrei dovuto andare ma la porta si chiuse immediatamente dietro di me. L’illuminazione del corridoio cambiò, indicandomi una delle porte chiuse in fondo. Camminai lungo il corridoio andando oltre a quelli che pensavo fossero uffici. Era tutto insonorizzato però, quindi non avevo idea se effettivamente dentro c’erano delle persone che lavoravano. Quando arrivai alla fine del corridoio la porta di Sullivan si aprì subito. Entrai e Sullivan non sollevò lo sguardo. Sedeva dietro alla sua scrivania preso a lavorare al suo COM pad.

Benjamin: Hey.
Sullivan: Ben, sono felice che tu ce l’abbia fatta.

Per un attimo rimasi goffamente lì in piedi. Capii che quella doveva essere la stanza da cui mi aveva sempre parlato. Era arredata in modo minimalista come tutto il resto del palazzo dell’ONI. Dietro di lui c’era qualcosa di personale però: un paio di soprammobili e una replica di un antico orologio analogico. Sullivan doveva ancora alzare lo sguardo.

Benjamin: Dovrei uh, dovrei...
Sullivan: Fai come se fossi a casa tua.
Benjamin: Ok, sì...

Continuava ad usare il suo COM pad. Sedei sulla sedia che era bassissima come quella di prima, le mie ginocchia erano quasi all’altezza delle mie orecchie... Mi sentivo anche stranamente distante dalla sua scrivania. Inizia con qualche chiacchiera.

Benjamin: Mhm, non ti facevo per uno con la passione dell’antiquariato Sullivan. D-dove hai preso quell’orologio?
Sullivan: Oh, ce l’ho sempre avuto.
Benjamin: Bene, bene... Quindi, uhm...
Sullivan: Come va l’articolo Ben?
Benjamin: Bene, bene.
Sullivan: Hai quello di cui hai bisogno?
Benjamin: Assolutamente.
Sullivan: Voglio assicurarmi che tu abbia tutte le...risposte alle tue domande.
Benjamin: Bene, no, mhm, bè uh, ok ok, io uh, io sono, voglio dire...
Sullivan: Perfetto.

Stavo ancora disperatamente cercando di capire cosa stava succedendo, quando Sullivan smise di guardare il suo COM pad e mi guardò negli occhi per la prima volta da quando ero arrivato, con uno strana scintilla negli occhi.

Sullivan: C’è qualcuno che vorrebbe parlarti, Ben.

Sono Benjamin Giraud e questo è Hunt the Truth.


Sullivan camminava veloce e io cercavo di stargli dietro, gli edifici erano tutti connessi nei sotterranei e il complesso era molto più grande di come sembrava dall’esterno. Più ci addentravamo in quel labirinto e più gli uffici lasciavano il posto alla parte militare dell’edificio. E più ci addentravamo nella parte militare e più io ero nervoso.

Benjamin: Non credevo che lasciaste entrare i civili fino a qui!
Sullivan: Questo è un giorno speciale Ben!

Gli uffici di Sullivan sembravano vuoti, ma lì invece c’erano sempre più persone che si muovevano attraverso le sale, i corridoi, quasi tutti in divisa e tutti silenziosi e con lo sguardo basso sui loro COM pad. L’eccezionale efficenza di tutto quanto era incredibile.

Sullivan: Qui.

Sullivan mi portò in una grande e buia sala conferenze, la porta si chiuse dietro di noi.
Al centro c’era un enorme tavolo per le conferenze con molte sedie attorno. Oltre le luci, i confini della stanza e il soffitto sparivano nell’oscurità...

Sullivan: Siediti.

Feci come mi aveva chiesto e sedetti: la sedia sprofondò automaticamente sotto di me. Cercai di guardare attraverso l’oscurità e mi accorsi che una della pareti era fatta interamente di vetro nero. Per osservazione probabilmente.

Sullivan: Dell’acqua?
Benjamin: Oh no, sono...sono a posto grazie. Chi dovrei...
Sullivan: Devi controllare il microfono o qualcosa del genere?
Benjamin: Controllare il microfono? Controllare? Siamo...?
Sullivan: Voglio essere sicuro che non ti perdi niente!
Benjamin: Niente di...cosa? Ascolta, io...
Sullivan: Rilassati Ben! Sarà grandioso!
Benjamin: Sully, volevo solo dire che...
Sullivan: Ben, sta per entrare! Concentrati!
Benjamin: Sully, Sully, volevo solo dire che avevo tutte le intenzione di...
Sullivan: Ti presento il sottufficiale anziano Franklin Mendez.

Franklin Mendez: Ciao Ben, tutto bene?

Mi alzai in piedi. Quell’uomo era incredibilmente decorato, stelle d’oro, stelle d’argento, la medaglia per i feriti, la legion d’onore...sembrava incallito e temprato, probabilmente da decenni di combattimenti.

Benjamin: Buon pomeriggio signore.
Mendez: Parliamo un po’ di Chief?
Benjamin: Uh, io, io...
Sullivan: Mendez è colui il quale ha addestrato Chief, Ben. Te l’avevo detto che mi sarei preso cura di te! Avrai tutto quello di cui hai bisogno per questo articolo.

Era un’intervista. Non era proprio quello che mi aspettavo. Non so esattamente quello che mi aspettavo, ma di sicuro non un faccia a faccia con un alto profilo dell’esercito. Tutta la mia ansia di colpo sparì.

Benjamin: Oh, sì, ovvio! Certo! Quindi lei è la persona giusta con cui parlare degli Spartan eh?
Mendez: Corretto.

La mia conversazione con Thomas non era stata intercettata, Petra aveva ragione. Se mi avevano intercettato era impossibile che Sullivan non avesse ancora detto niente a quel punto. Non potevo crederci! Stavo per avere un’intervista esclusiva con l’uomo che aveva personalmente addestrato Master Chief.

Mendez: Già, Chief ha questa brutta abitudine di saltare fuori dalle navicelle da sbarco prima che atterrino invece che aspettare, eh eh...la sua armatura assorbì la caduta...è una sua caratteristica...e in più fa un certo effetto sul nemico...

Nessun civile aveva mai avuto la possibilità di ascoltare tutti questi dettagli a proposito di Master Chief. Mendez mi disse che non passò molto tempo dopo l’addestramento che le abilità fisiche e mentali di Chief gli fecero guadagnare una certa notorietà.

Mendez: Quel ragazzo mi sconvolse...il suo acume, la sua velocità mentale, le sue abilità fisiche, le sue valutazioni tattiche... Sapevo che anche se era giovane John era un pacchetto completo. Non mi posi mai il problema, anche se era giovane era pronto per i potenziamenti. E lui non vedeva l’ora...

Quando le procedure di potenziamento furono concluse, Mendez mi disse che tutti erano stupefatti dai risultati.

Mendez: Gli ingegneri medici ci dissero che il suo corpo si era integrato completamente con la meccanica, e i tempi di recupero furono molto brevi. Ma ciò che era più stupefacente era la velocità per il suo cervello di accettare i potenziamenti. Dopo quelle procedure può essere che devi ricominciare tutto da zero... Devi riadattare tutto il tuo sistema nervoso. Ma mentre gli altri ragazzi stavano ancora reimparando a camminare, John correva, saltava e picchiava forte. Non ho mai visto niente del genere.

Questa era la nascita di Master Chief. Avanzò rapidamente nei ranghi dando prova di se stesso sul campo, alzando sempre il livello di quello che si poteva chiedere di fare ad uno Spartan. Durante la sua carriera Mendez analizzò tutto quello che fecero gli Spartan sul campo, mi fece molti esempi di Spartan che da soli sgominarono dozzine di Covenant. Mi parlò della velocità insuperabile, della loro forza e precisione, e che continuavano a migliorare nel corso degli anni. Mi parlò della dedizione incrollabile di Chief, la sua volontà insormontabile. Ma secondo Mendez fu qualcos’altro a forgiare questa leggenda.

Mendez: Non ho mai visto un uomo, potenziato o no, prendere decisioni così difficili e rischiose in così poco tempo. Chief si trovava di fronte ad uno scenario complesso con molte varianti, e praticamente istantaneamente valutò i pro e i contro della situazione, creando subito una soluzione creativa. Affronta dilemmi etici, tattici, situazioni pesanti che a una persona normale richiederebbero anche un anno per venirne fuori. Ma lui prende la sua decisione, quasi subito, ed è quella giusta. E’ straordinario.
Per non parlare poi di quella volta che con un salto incredibile è atterrato sopra una nave nemica, ha sbattuto fuori il pilota dall’abitacolo, preso il controllo della nave e l’ha fatta schiantare di nuovo addosso al nemico... E’ proprio bravo insomma.

Mendez mi disse che Chief cambiò il significato di cosa vuol dire servire nell’esercito. In ogni caso, Mendez credeva che è quell’abilità nel prendere le decisioni che contraddistingue Chief. E’ quello che lo rende un leader. E’ quello che fa di lui un eroe.

Benjamin: Wow...
Mendez: Sono felice che tu stia lavorando su questo articolo Ben... Era ora che gli Spartan si prendessero il loro merito. La gente deve capire quanti sacrifici Chief e tutti gli altri Spartan hanno fatto per proteggerci.
Benjamin: Lei ha parlato un po’ della personalità di Chief, della sua lealtà...sono sicuro che gente come voi non parla molto dei propri sentimenti ma...pensa che un livello così alto di responsabilità possa essere...duro da sopportare? Proteggere un’intera galassia sembra essere un compito molto pesante...
Mendez: Fortunatamente per te, non hai bisogno di immaginarlo! No, è un compito pesante... Ma Chief ha le spalle larghe. Può prendere quelle decisioni e portare a compito il suo lavoro. E lo fa volentieri e con vigore. Dà ispirazione.
Benjamin: Assolutamente, sì, è incredibile. Ma pensa davvero che uno uomo solo dovrebbe avere così tanto potere..?
Mendez: Vedi? E’ la scelta delle parole che ti potrebbe far finire nei guai. Sembra che tu voglia suggerirmi qualcosa co le tue parole. E a sua volta questo farebbe sembrare il tuo tono sgradevole e, di conseguenza, questa conversazione sgradevole. E questo non è quello che vuoi ragazzo.
Benjamin: No no no, io...
Mendez: Vuoi riformulare la domanda?
Benjamin: Certamente, mi scusi, io...

In quel momento la luce nella stanza improvvisamente cambiò, e Sullivan cominciò a scorrere sul suo COM pad.

Sullivan: Oh! Dobbiamo lasciare la stanza. Scusate per il disagio ma c’è stato un cambio di programma.
Benjamin: Mi scusi, quello che stavo cercando di...quello che avrei dovuto dire è...se lasciamo queste decisioni in...
Sullivan: Scusa Ben, aspetta un attimo... Sembra che ora abbiamo accesso a Jasper-9 quindi...ci dirigiamo lì adesso se non è un problema.
Mendez: Per me va bene.
Benjamin: Ok, ok...
Sullivan: Non è lontano da qui.
Mendez: Uhm, signori aspettate, sembra che richiedano la mia presenza da un’altra parte.
Benjamin: Nessun problema, io...posso aspettare.
Mendez: Non dovrei metterci molto, Sullivan può prendere un altro appuntamento per noi intorno alle 16 di oggi.
Benjamin: Perfetto, grazie.
Mendez: Invece dovresti ringraziare per quello che hanno fatto i miei Spartan. L’unica ragione per la quale stai ancora respirando l’aria necessaria per farmi queste domande è perché hanno sacrificato molto di più di quello che saprai mai.

Mendez uscì dalla stanza seguito da una fila di uomini possenti in giacca e cravatta, e sparì. Sullivan aveva ricominciato a camminare preso dal suo COM pad, e io gli stavo dietro.

Benjamin: Sullivan! Dove devo presentarmi alle 16?
Sullivan: Uhm, qui non lo dice ancora, vediamo... Mhm...aspetta un minuto...c’è una richiesta per te che dice di consegnare tutto il materiale raccolto al più presto.
Benjamin: Per me?
Sullivan: Sì, sembra che tu debba consegnare tutto all’ONI venerdì!
Benjamin: Aspetta, non posso consegnare i file, ho tutto a casa!
Sullivan: Hai appena ricevuto dei documenti d’imbarco per le 5.30, questo vuol dire che una volta arrivato avrai 24 ore per uploadare il tutto!
Benjamin: Aspetta, ho solo delle bozze per i primi episodi...
Sullivan: Basta un po’ di editing Ben, non preoccuparti di quello!
Benjamin: E Mendez?
Sullivan: Fantastico, no?
Benjamin: Ma non ho ancora finito...
Sullivan: Hai del materiale spettacolare, un’intervista spettacolare! Se il resto del materiale che hai è solo la metà rispetto a quello di Mendez allora questo articolo sarà un successo, grandissima distribuzione, vedrai...
Benjamin: Ma ci sto ancora lavorando, potrei, potrei...aspettarlo, Sullivan, potrei aspettare qui per finire l’intervista con Mendez, ho tempo!

Quando dissi quella frase Sullivan smise di camminare. Si voltò e mi guardò dritto negli occhi. Per la prima volta in tutto il giorno, probabilmente per la prima volta da sempre, sentivo che mi stava dando la sua totale e incondizionata attenzione.

Sullivan: Ben, tu non hai tempo. Hai una scadenza e un biglietto d’imbarco. Ok?
Benjamin: In quel momento, mi si presentò l’idea che la mia conversazione su Waypoint con Thomas Wu, era stata intercettata. Sullivan ridiventò Sullivan, e riprese a camminare.
Sullivan: Seriamente comunque, articolo fantastico, una volta completo vedrai che penderanno tutti dalle tue labbra! Buon viaggio, te lo sei meritato amico!

Per quelli di voi che non sono abituati all’ONI... Quello che era appena successo è che ero stato licenziato.



IA: Il suo pass scadrà fra: 9 minuti.

E secondo l’IA non ero più un ospite benvenuto. Stavo per ritornare a casa.
Fare un secondo viaggio interstellare in meno di 24 ore fa già abbastanza schifo quando non sei stato licenziato. Appena salito volevo solo dormire un po’. Ma appena prima del decollo, qualcosa attirò la mia attenzione. Anzi, qualcuno.

Benjamin: Allora, c’è un tizio che si sta lamentando con la hostess nella cabina a fianco...sembra che questo sia il suo primo viaggio fuori dal sistema solare...

In tutti questi lunghi voli dalla Terra alle colonie interne c’è sempre un tizio come quello. Qualche riccone della Terra che sente il bisogno di lamentarsi per la scomodità dei viaggi iperspaziali...

Benjamin: Riconosco la sua voce... Ci ho messo un po’ ma...quello deve essere lui... Penso sia Jacob Walker...

Jacob Walker, il soldato in pensione con cui avevo parlato qualche settimana fa...quello in vacanza...che era stato in addestramento con Chief? Non aveva senso però. Era in ferie permanenti vicino a Saturno. Walker era l’ultima persona che mi aspettavo di vedere in un volo che stava lasciando la Terra.

Benjamin: Stiamo per decollare, ma devo saperlo per certo...

Mi slacciai le cinture, andai verso l’altra cabina, e quando diedi un’occhiata da dietro l’angolo...lo vidi, era lui. Seduto la che si lamentava con la hostess. Ma quell’uomo indossava giacca e cravatta, e i suoi capelli erano ben pettinati. Non aveva per niente l’aria del soldato veterano in pensione che avevo visto durante la mia intervista. Ma andai da lui comunque.

Benjamin: ...Jacob?
Inserviente: Mi dispiace signore, ma non posso fare niente per migliorare la qualità del volo...
Benjamin: Jacob Walker?

L’uomo sbiancò completamente.

Inserviente: Signore, si deve sedere.
Benjamin: Jacob Walker?

Se pensate che abbia sbagliato persona e che abbia appena spaventato a morte un tizio a caso sentite la sua reazione quando gli dico chi sono:

Benjamin: Ben Giraud, abbiamo parlato qualche settimana fa.
Walker: Oh si...certo...i racconti dell’addestramento...si, mi ricordo di te...

Quello era il Walker che mi ricordavo.

Benjamin: E’ qui per...affari sulla Terra o...?

Walker sussurrava maldestramente durante la conversazione, e sembrava che volesse disperatamente andarsene. Ma era bloccato lì.

Benjamin: Cosa ci fa qui sulla Terra?
Walker: Oh...sai...sto solo...facendo un piccolo viaggio...e...
Inserviente: Signore! Siamo in volo per favore, si sieda!
Benjamin: Pensavo fosse in pensione!
Walker: Sì...sì lo sono, ma... Hey, senti Ben, credo che stiamo per...
Benjamin: Pensavo fosse in ferie permanenti al mare!
Walker: Ma si...io...
Inserviente: Signore, ultimo avvertimento. Deve sedersi. Immediatamente.
Benjamin: Ok, aspetti un secondo ok?!
Inserviente: No, hai finito.
Benjamin: Ok, non mi tocchi, cos-cosa stai fa... Oh!

L’equipaggio del volo mi aveva sedato. Svenni. La mia conversazione con Walker era finita.
Mi svegliai in un terminal, ero a casa. Con un grande mal di testa. Quando arrivai nel mio appartamento trovai anche un’altra bella sorpresa nella mia posta in entrata: mi multavano di 50.000 crediti per l’incidente durante il volo. Per fortuna l’ONI mi aveva pagato bene per l’articolo. Controllai l’ora: avevo ancora 23 ore per consegnare tutto il mio materiale a Sullivan. Molto tempo per abbassare la testa ed eseguire gli ordini. Ero stato licenziato sì, ma desideravo comunque l’articolo successivo. Quindi dovevo solo dimenticarmi tutto questa storia e lasciarmi dietro tutto questo schifo. Questa storia sarebbe stata il problema di qualcun altro. Stavo per inviare tutto a Sullivan, quando mi accorsi che il mio COM pad stava ancora registrando. Stava registrando per tutto il tempo. Il file era gigantesco. Andai all’inizio, il più ero io che dormivo, ma poi qualcos’altro che non ricordavo fosse successo: proprio dopo che l’equipaggio mi aveva neutralizzato.

Inserviente: Signore, ultimo avvertimento. Deve sedersi. Immediatamente.
Benjamin: Ok, aspetti un secondo ok?!
Inserviente: No, ha finito.
Benjamin: Ok, non mi tocchi, cos-cosa stai fa... Oh!

Mi diedero il sedativo, ma poi accadde questo:

“Mr. Giraud, siete legalmente obbligati a collaborare sempre con i membri dell’equipaggio.”

Benjamin: Cosa...cosa...mi...avete fatto...?

“Prendetelo dalle gambe...”

“Dategli un’altra dose...”

Un’altra dose? Ecco perché mi sentivo così male.

Benjamin: Cosa...mi...avete...fatto...?

“Starai bene...Ben.”

Ben. Mi chiamarono con il mio nome. Ascoltai tutto il resto della registrazione, questa parte è quando mi hanno trascinato dal terminal al mio volo di coincidenza.

“Dormirà per altre 12 ore, siamo a posto.”

“Cosa diavolo stava facendo su quel volo?”

“Non lo so ma...”

“Non avrebbero mai dovuto incontrarsi, era la massima priorità, come è potuto succedere? Non avrebbero dovuto nemmeno avere lo stesso volo, lo stesso itinerario!”

“Già, non va bene...e Sullivan lo verrà a sapere...”

Stavano parlando di me e Walker, ma perché? Per qualche ragione non volevano che sapessi che era sulla Terra. Mi caricarono sullo shuttle e se ne andarono. Mi salutarono pure.

“Viaggia sicuro, Ben. Eheheh...”

Ben. Come se mi conoscessero. Ascoltai la registrazione ancora. E ancora. Ero seduto là e ascoltavo. Ho impiegato tutta la mia carriera lavorando per queste persone, modificando foto, facendo sembrare tragedie un po’ meno tragiche e storie patriottiche un po’ più eroiche... Ho sempre accettato gli articoli che mi davano e obbedientemente gli risputavo sulle masse, e onestamente, tutto questo non mi ha mai dato fastidio. Anche dopo questo articolo, dopo tutte le accuse di atrocità, tutte le palesi bugie...ero ancora disposto a continuare... Vorrei poter dire che sono stati i miei principi, o la mia posizione morale a farmi finalmente cambiare idea, ma non fu così. E’ stato il mio orgoglio. Ascoltare quella registrazione, il modo in cui mi hanno trascinato in giro, il modo in cui mi chiamavano “Ben”... Controllai l’ora. Avevo ancora solo qualche ora per mandare i file a Sullivan e mantenere la mia posizione con l’ONI per il prossimo articolo. Annullai il trasferimento. Mi sarei preso quel tempo per me. Mi sedei di fronte proprio a questo microfono e registrai una veloce introduzione e misi online l’inizio della mia storia, la VERA storia di Master Chief, bugie e dubbi compresi, in tutta la galassia.

Continuate a seguirmi nel prossimo episodio di Hunt the Truth.

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L'autore

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Classe '72, dall'animo geek e appassionato da sempre di videogiochi e informatica, nel 2002 è cofondatore di MX. Il sito parte per gioco ma diventa una parte sempre più importante della sua vita insieme a lavoro, famiglia e troppi altri interessi: questo lo costringe a rimandare continuamente i suoi piani di dominio sul mondo.

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