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Anteprima - Tacoma

Le produzioni indipendenti non solo sono ormai una realtà forte su console, ma alcuni titoli riescono a destare nel pubblico notevole interesse. Fra questi si può annoverare Tacoma, svelato al E3 2015 nell’ambito del programma ID@Xbox e, secondo le ultime dichiarazioni, in arrivo questa primavera. Rispolveriamo le premesse e le promesse del nuovo lavoro Fullbright.
Chi ha giocato il precedente lavoro dello studio di Portland, Gone Home, potrebbe riassumere le premesse di Tacoma con un "Kaitlin Greenbriar va nello spazio". L’incipit della storia ambientata nella stazione spaziale che dà il nome al gioco non è infatti molto diverso dal titolo d’esordio con cui la software house dell’Oregon ha rivelato al mondo le sue capacità narrative. La protagonista, Amy Ferrier, sale a bordo della base spaziale Tacoma per motivi ancora ignoti – anche se non è difficile immaginarla come investigatore spedito sul posto per indagare sull’improvviso silenzio dell’equipaggio – e presto scopre che non solo l’equipaggio non si è preso il disturbo di accoglierla, ma sembra aver abbandonato in toto la stazione senza lasciare un biglietto di scuse. L’unica entità presente è l’IA di bordo, Odin, che fin dall’inizio sembra avere qualche difficoltà a rimanere coerente con sé stessa.

Oh ho! Calmini! Non si può citare la presenza di un’intelligenza artificiale in una stazione spaziale che tutti pensano subito male. Soprattutto quando il resto dell’equipaggio è scomparso nel nulla cosmico. Ormai le IA sono i maggiordomi dei gialli fantascientifici. Che il responsabile dell'accaduto sia Odin o meno dev’essere dimostrato da Amy, che per cause di forza maggiore ottiene il permesso di visionare tutte le schede dell’equipaggio, i loro effetti personali e, cosa ancora più importante, le registrazioni olografiche degli ultimi giorni precedenti quello che viene presto catalogato come “malfunzionamento critico”. Le registrazioni sono lo strumento più importante. Possono essere attivate all’interno degli ambienti visitati e ripropongono spezzoni di vita quotidiana degli ospiti di Tacoma che appaiono come ologrammi colorati dotati di una forma definita, anche se priva di dettagli fisionomici. Ogni ospite ha quindi il suo ologramma con la sua voce e un colore dedicato, una differenziazione che non solo aiuta Amy – e il giocatore – a distinguere facilmente chi ha fatto cosa, ma permette di dar vita ad un cast con cui simpatizzare anche in assenza di veri e propri corpi.

MX Video - Tacoma

Il loro essere registrazioni dà vita ad un elemento di gameplay fondamentale: la manipolazione. Durante le sue indagini il giocatore può fermare, riavvolgere o velocizzare gli ologrammi per soffermarsi sui dettagli o tornare in un punto dove ricollegare indizi appresi in un secondo momento: un episodio passato in secondo piano durante la prima visione può ad esempio diventare fondamentale man mano che ci si addentra nelle profondità di Tacoma. Creiamo un esempio a caso: si arriva di fronte alla porta della serra, è chiusa e richiede un codice. Torniamo alla sala da pranzo, dove durante l’ultima cena registrata il cuoco avvisa i compagni di aver cambiato il codice della serra per rispettare il protocollo di sicurezza dell’azienda. Ecco, ora abbiamo il codice.

Tutto questo non sarà deducibile solamente dagli ologrammi, ma bisognerà prestare attenzione anche ai documenti sparsi per la base o agli oggetti che fluttuano in giro (Tacoma è probabilmente ambientato tutto a zero G). Il tutto va poi combinato in una storia ordinata cronologicamente solo dalle intuizioni del giocatore. Il team di sviluppo ha già anticipato che la vita di Amy sarà complicata dal fatto che la storia non è unica e in attesa di essere ricomposta, ma in diverse situazioni il giocatore sarà posto di fronte a delle scelte capaci di deviare il corso degli eventi (bisogna vedere se passati o presenti), come a voler dire che c’è il concreto rischio di dar vita ad una ricostruzione errata di quello che è successo all’interno della stazione Tacoma.

È interessante supporre quindi un ruolo un po’ più attivo del giocatore rispetto al semplice spettatore di eventi cristallizzati nel passato, se non altro perché una ricostruzione incoerente dovrebbe essere ripercorsa, smontata e rifatta. A meno che scelte sbagliate e vicoli ciechi conseguenti non abbiano un impatto definitivo se non mortale. Ma sto divagando, ha più senso aspettare il gioco vero e proprio, attualmente previsto solo su Xbox e Windows entro la fine della primavera. Allora saremo giustificati a fluttuare meditabondi fra le sale vuote di una base spaziale, in compagnia dei fantasmi e di un telecomando per renderli marionette dei nostri dubbi.

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L'autore

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Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

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