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Dying Light: The Beast

Recensione - Dying Light: The BeastXbox Series X | S DigitalGame

Dopo un secondo capitolo che ha diviso i fan, Techland ci riporta nel suo mondo post-apocalittico con Dying Light: The Beast. Nato come espansione e cresciuto fino a diventare un titolo standalone, il gioco segna il ritorno del protagonista originale, Kyle Crane, in un'avventura brutale ed intensa: eccovi le nostre impressioni!
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Il Gioco

La storia di Dying Light: The Beast si colloca temporalmente tredici anni dopo gli eventi del primo Dying Light e della sua espansione The Following, ponendosi subito dopo la fine di Dying Light 2: Stay Human, seppur in una location molto diversa. Nel gioco abbandoniamo i panni di Aiden Caldwell, conosciuto nel precedente episodio della serie, per ritrovare una vecchia conoscenza: il protagonista del gioco originale, Kyle Crane. Qui viene finalmente svelato il suo destino, rimasto in sospeso alla fine del primo gioco: Kyle è rimasto per 13 anni prigioniero di un misterioso personaggio noto come "il Barone", che lo ha sottoposto ad efferati esperimenti in un laboratorio segreto. L'obiettivo del Barone era quello di studiare e sfruttare la singolare condizione di Crane, un infetto capace di controllare la trasformazione, per sbloccarne il potenziale e creare l'arma definitiva.

Il Crane che ritroviamo all'inizio di Dying Light: The Beast è quindi un uomo profondamente segnato da anni di torture ed esperimenti, tormentato dagli incubi e dalle cicatrici di un passato traumatico, ed animato da un'unica motivazione: la vendetta. La storia del gioco inizia quando, grazie all'aiuto di una scienziata di nome Olivia, Crane riesce a fuggire dalla sua prigionie ritrovandosi a Castor Woods, un'ex regione turistica situata nel cuore dell'Europa, sulle Alpi: un'ambientazione suggestiva e piuttosto diversa dalla Harran del primo gioco. Per avere delle speranze contro il potente e numeroso esercito del Barone, Kyle dovrà stringere nuove e difficili alleanze con le comunità di sopravvissuti locali, guidate da una donna carismatica che si fa chiamare "la Sceriffo"; sarà inoltre presto chiaro che non ha molte speranze di farcela con le sue forze, e dovrà quindi prima cercare di potenziare ulteriormente il suo lato "bestiale", ottenuto a causa degli esperimenti del Barone.

MX Video - Dying Light: The Beast

Sebbene la narrazione si concentri molto sul conflitto con il Barone e sulle nuove capacità di Crane, i veri padroni di Castor Woods restano gli infetti, che non sono soltanto ostacoli ambientali, ma una costante minaccia che scandisce il ritmo dell’intera avventura. Come nei precedenti titoli, le strade, i boschi e i villaggi abbandonati pullulano di non-morti di ogni tipo: dai più lenti e grotteschi Vaganti fino ai Velocisti, capaci di accerchiarci con movimenti rapidi e imprevedibili. Nelle aree chiuse, la densità di zombi è tale da trasformare ogni esplorazione in una prova di nervi, richiedendo un uso attento di distrazioni e trappole ambientali. E, come sempre, di notte la tensione cresce ulteriormente, quando orde più numerose si riversano fuori dai nidi e i temibili Volatili entrano in scena: quando uno di questi ci avvista, l'unica è fuggire in una corsa disperata verso la casa sicura più vicina (che dovremo aver precedentemente sbloccato, ovviamente), in perfetta tradizione Dying Light. Sopravvivere alla notte è un'impresa, ma le ricompense, come il doppio dei punti esperienza, valgono il rischio.

Il gioco ci proietta quindi subito nell'esplorazione di Castor Woods: stavolta non siamo di fronte a una mappa sconfinata come quella del Villedor di DL2, ma si tratta di un open world più compatto e denso, paragonabile per dimensioni alla Harran del primo capitolo anche se molto più vario. L'ambientazione alpina offre un colpo d'occhio notevole, alternando pittoreschi villaggi dalle strade strette a fitte foreste, montagne impervie, paludi mefitiche, distretti industriali abbandonati e l'immancabile clinica psichiatrica, il tutto avvolto in un'atmosfera cupa e opprimente. Il gameplay riprende e rifinisce la formula tipica della serie, affidandosi ai suoi suoi pilastri fondamentali. Il parkour, fiore all'occhiello del franchise, è qui più fluido, reattivo e soddisfacente che mai. Sin dalle prime battute abbiamo accesso a gran parte del repertorio di mosse di Crane, permettendoci di concatenare corse sui muri, salti e scivolate con una grazia letale, ma alcune delle abilità più utili vengono sbloccate nel corso della storia, sia come parte dell'albero di abilità del protagonista, come ad esempio la possibilità di rotolare a terra da grandi altezze senza subire danni o quella di sferrare dei potenti calci volanti durante la corsa, sia come ricompense di specifiche missioni come nel caso del rampino, ottenibile circa a metà avventura e che espande ulteriormente le possibilità di movimento. A questo si aggiunge l'uso di specifici veicoli, come le jeep dei ranger, indispensabili per coprire le distanze più lunghe in assenza di un sistema di viaggio rapido, ma che richiederanno di essere costantemente riforniti di carburante.

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La struttura del gioco segue un’impostazione classica ma ben collaudata: alla campagna principale, composta da missioni lineari che portano avanti la vendetta di Crane contro il Barone, si affiancano una moltitudine di incarichi secondari e attività opzionali. Le comunità di sopravvissuti offrono missioni di vario genere, dai compiti di recupero a missioni di difesa, fino a eventi dinamici che possono emergere durante l’esplorazione. La progressione del personaggio è scandita da un duplice sistema di crescita: da un lato l’albero delle abilità tradizionali, che sblocca nuove mosse di parkour, tecniche di combattimento e potenziamenti fisici; dall’altro l’albero dedicato alla Modalità Bestia, che rende le trasformazioni sempre più devastanti man mano che si eliminano le Chimere sparse per la mappa. A questo si aggiunge un articolato sistema di crafting e potenziamento dell’equipaggiamento, che spinge a raccogliere risorse e schemi per ampliare costantemente il proprio arsenale. L’insieme offre un ciclo di gioco ben definito: esplorazione, crescita del personaggio e ritorno in missione, con un senso di progressione tangibile che sostiene l’avventura fino ai titoli di coda.

Altro pilastro del gioco è il combattimento, cuore pulsante dell'esperienza ora più viscerale e brutale che mai. Il sistema corpo a corpo è stato potenziato, con un feeling delle armi più pesante e un sistema di smembramento estremamente soddisfacente che trasforma ogni scontro in un bagno di sangue. Mazze, machete e asce possono essere modificate con effetti elementali e si deteriorano con l'uso, costringendoci a ripararle o a crearne di nuove attraverso un sistema di crafting profondo e indispensabile. Troviamo anche la possibilità di usare armi da fuoco come pistole, fucili a pompa, mitragliatrici e persino lanciafiamme e lanciagranate, che aggiungono ulteriore varietà agli scontri anche se, come potreste immaginare, le munizioni sono rare e il rumore dei colpi attira orde di infetti.

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Un'importante aggiunta ai combattimenti è però la "Modalità Bestia". A seguito degli esperimenti subiti, Kyle può ora scatenare una furia sovrumana: una speciale barra si riempie infliggendo e subendo danni e quando questa è piena, Crane si trasforma in una creatura letale, capace di fare a pezzi i nemici a mani nude con una forza e una velocità spaventose. Questa meccanica, che si attiva inizialmente in maniera incontrollata, potrà in seguito essere attivata a piacimento e potenziata attraverso un albero delle abilità dedicato, i cui punti si ottengono cacciando e sconfiggendo delle potenti creature mutanti, le Chimere, sparse per la mappa.

La storia vi terrà impegnati per circa 20-25 ore a seconda di quante missioni secondarie affronterete e del livello di difficoltà scelto, ma la durata può facilmente raddoppiare se ci si dedica alle numerose missioni secondarie, alla ricerca di collezionabili e all'esplorazione completa di ogni angolo di Castor Woods, senza dimenticare la possibilità di affrontare l'intera avventura in cooperativa con altri giocatori. Il titolo presenta il doppiaggio in inglese, ma completo di testi e sottotitoli in italiano.

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Amore

Combattimento brutale e soddisfacente

- Ho trovato il sistema di combattimento in corpo a corpo di Dying Light: The Beast estremamente soddisfacente, tanto da spingermi ad usare le armi da fuoco il meno possibile e solo quando davvero necessario. Il gioco ci propone un sistema di smembramento e di gestione della fisica dei corpi tale da rendere ogni colpo davvero gratificante: vedere braccia, gambe e teste volare via mentre si è coperti dal sangue dei nemici è un vero spettacolo. A questo si aggiungono le armi da fuoco che introducono ulteriore varietà con un buon gunplay; le munizioni sono scarse, ma risultano fondamentali quando dobbiamo far fuori velocemente grosse moli di nemici.

Un parkour all'apice

- Il sistema di movimento è sempre stato il punto di forza della serie, e qui raggiunge la sua massima espressione. Muoversi per Castor Woods è un piacere: le animazioni sono più fluide, i controlli più reattivi e il design della mappa offre innumerevoli opportunità per concatenare salti, scivolate e arrampicate in un flusso di movimento adrenalinico e spettacolare. Techland dimostra ancora una volta di essere maestra nel creare un sistema di parkour in prima persona efficace e divertente.

Ambientazione affascinante

- Abbandonate le metropoli dei capitoli precedenti, Castor Woods offre uno scenario inedito e suggestivo. L'ambientazione, ispirata alle Alpi, mescola pittoreschi villaggi europei a fitte foreste, montagne e paludi, creando un mondo di gioco vario e credibile, con frequenti panorami da cartolina.

Protagonista bestiale

- Il ritorno di Kyle Crane è un grande punto a favore, ma è la sua nuova natura "bestiale" a renderlo davvero interessante. La Modalità Bestia non è solo una spettacolare "super mossa", ma una meccanica che cambia il ritmo degli scontri, trasformando il giocatore da preda a predatore. Scatenare questa furia primordiale per fare a pezzi orde di infetti è incredibilmente soddisfacente, ma non è tutto: Kyle è ora anche in grado di individuare le tracce dei suoi obiettivi nell'ambiente di gioco. la natura open world del titolo e questa dualità tra umano e mostro mi hanno ricordato con piacere le sensazioni provate ben vent'anni fa con l'ottimo ed indimenticato Far Cry Instincts Predator.

Odio

Esplorazione a rilento

- Tra le cose che ho gradito meno nel gioco c'è la totale assenza di un sistema di viaggio rapido, che non viene alleviata neanche dalla presenza dei veicoli. E' comprensibile che gli sviluppatori vogliano stimolarci ad esplorare Castor Woods, ma spesso ci si ritrova a dover attraversare intere sezioni di mappa già esplorate solo per parlare con qualcuno, con un'operazione di backtracking tediosa che spezza il ritmo del gioco. Non si capisce peraltro perché il gioco ci proponga lo sblocco di apposite torri da usare come case sicure, una tipica meccanica da open world Ubisoft, se non possiamo poi usarle come punti di viaggio rapido.

Rifinitura tecnica da rivedere

- Purtroppo, non mancano sporadici bug: più di una volta mi è capitato di dover uscire al menu e riavviare dall'ultimo checkpoint perché Kyle era finito incastrato in qualche punto degli edifici, e lo stesso ho visto succedere ad alcuni nemici anche se questo mi ha dato la possibilità di farli fuori più agevolmente. Un altro singolare problema che ho rilevato in più di un'area è il fenomeno dei "pesci volanti": sia all'esterno che all'interno di alcuni edifici, c'erano banchi di pesci che nuotavano tranquillamente e beatamente nell'aria. Sebbene non sia nulla di così grave da rompere irrimediabilmente il gioco, queste imperfezioni denotano una rifinitura non ottimale e andranno sistemate con delle patch.

Grinding forzato

- Anziché affidarsi ad una crescita organica del personaggio durante la storia principale, il gioco presenta improvvisi picchi di difficoltà durante la storia, identificati da aree di livello maggiore al nostro, costringendoci a interrompere la campagna principale per dedicarci a missioni secondarie e attività ripetitive al fine di raggiungere il livello richiesto per proseguire. Una meccanica frustrante e artificiosa, che dà la sensazione di voler "allungare il brodo" in maniera forzata: dovrei voler fare le missioni secondarie perché interessanti e ben strutturate, e non perché costretto dalla struttura del gioco.

Una storia dimenticabile

- Nonostante le premesse interessanti e il gradito ritorno di Kyle Crane, la narrazione di Dying Light: The Beast non risulta troppo memorabile. La trama basata sulla sua vendetta è piuttosto prevedibile, e i personaggi secondari faticano a lasciare il segno. Anche il villain, il Barone, risulta essere piuttosto stereotipato e poco minaccioso. Insomma, una storia che funge da mero pretesto per l'azione e che non sarà ricordata certo come uno dei punti di forza del gioco.

Tiriamo le somme

Dying Light: The Beast è un ritorno alle origini che farà la gioia dei fan della prima ora. Concentrandosi sui punti di forza della serie, come un parkour eccezionale e combattimenti brutali, e aggiungendo la gradita novità dei poteri "bestiali", Techland confeziona un'esperienza di gioco estremamente divertente e appagante. Peccato per una struttura di missioni antiquata che costringe al grinding, l'assenza del viaggio rapido e una narrazione poco incisiva. Nonostante queste imperfezioni, ci troviamo di fronte a un titolo solido e ricco di contenuti, che dimostra come la formula di Dying Light sia ancora oggi dannatamente efficace.
8.0

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L'autore

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Classe '72, dall'animo geek e appassionato da sempre di videogiochi e informatica, nel 2002 è cofondatore di MX. Il sito parte per gioco ma diventa una parte sempre più importante della sua vita insieme a lavoro, famiglia e troppi altri interessi: questo lo costringe a rimandare continuamente i suoi piani di dominio sul mondo.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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