Recensione - Revenge of the Savage Planet

Il Gioco
La chiusura di Typhoon Studios deve essere stato un duro colpo per Alex Hutchinson. Si tratta infatti di un veterano dell’industria che ha lavorato a diversi titoli importanti per Electronic Arts e Ubisoft (è stato direttore di Assassin’s Creed III e Far Cry 4, solo per nominarne alcuni), e una volta fatto il “grande passo” di fondare un proprio studio non ci è voluto molto prima venisse notato e inglobato da Google. All’epoca infatti Google era in cerca di talenti da inserire negli studi interni dedicati allo sviluppo di giochi per Stadia, e Typhoon Studio sembrava essere uno dei team di punta. Il loro primo gioco, Journey to the Savage Planet, non era tuttavia incluso nell’accordo di acquisizione essendo avvenuta quando lo sviluppo era già quasi ultimato e il gioco uscì fortunatamente anche su PC, Xbox One, Switch e PlayStation 4… perché quando poco dopo arrivò anche una versione speciale appositamente per Stadia, nel frattempo Google aveva perso interesse nella piattaforma, chiudendo lo studio e tutta la divisione nello stesso giorno. Un debutto decisamente amaro, da cui Hutchinson tuttavia fu in grado di rialzarsi e, con diversi membri del team originale riuscì a tenere i diritti dell’IP da Google e a fondare Raccoon Logic Studio.
MX Video - Revenge of the Savage Planet
Revenge of the Savage Planet non è quindi solo il sequel di un titolo sfortunato ma dal grande potenziale, ma la “vendetta” nel titolo è anche quella di Hutchinson e compagni dopo essere stati usati e gettati da una multinazionale. Proprio questo infatti è l’incipit narrativo del gioco, che maschera neanche troppo velatamente una feroce critica sociale verso le multinazionali spietate con un’abbondante dose di ironia e situazioni grottesche che strappano non solo risate, ma anche riflessioni.
La storia ci vede nei panni di un impiegato della Kindred Aerospace inviato in un viaggio spaziale dopo essere stato ibernato 100 anni, ma al nostro risveglio scopriamo che nel frattempo l’azienda è stata acquisita dalla Alta Interglobal, che non esita a chiudere il progetto e lasciarci al nostro destino su un pianeta sconosciuto. Ad accompagnarci nell’avventura c’è Eko, un simpatico robot fluttuante la cui unica funzione è quella di essere quanto più logorroico possibile commentando in maniera più o meno sarcastica gli eventi e le nostre azioni. Nelle opzioni si può perfino decidere quanto deve essere frequente la parlantina di Eko, ma il consiglio è di lasciarla al massimo per non perdersi neanche una battuta. Appena avviato il gioco si nota subito una differenza rispetto al predecessore, ovvero l’abbandono della visuale in prima persona in favore di quella in terza persona.

Finalmente possiamo vedere il nostro personaggio in tutta la sua gloriosa goffaggine, ammirando il lavoro del team nel rendere quanto più ridicole possibili (in senso buono) le animazioni di corsa, scivolata e camminata a ginocchia alte quando si è impantanati in qualche liquame o viscere dei nemici. La terza persona inoltre consente la realizzazione di sezioni platform più semplici grazie anche al jetpack e una maggiore verticalità delle ambientazioni, ricche di segreti e aree accessibili solo dopo aver acquisito i giusti potenziamenti.
Ciò che non è cambiato rispetto al predecessore infatti è la struttura tipicamente da Metroidvania, e partendo con un equipaggiamento di base con a malapena una pistola dovremo scansionare piante, nemici e fauna locale e raccogliere materiali per sbloccare i progetti di ricerca con cui creare nuove armi, oggetti e potenziamenti utili per raggiungere aree prima inaccessibili. Tra questi abbiamo ad esempio la Frusta Protonica che può essere utilizzata sia come arma contundente all’inizio per poi diventare anche una sorta di rampino per arrivare rapidamente alle sporgenze, oppure una Aspiratore con cui assorbire e sparare vari liquidi come acqua, acido e lava. Scannerizzando i nemici si possono scoprire i loro punti deboli e sfruttarli per stordirli e catturarli, così da poterli studiare più approfonditamente al centro ricerca del campo base per ottenere ulteriori upgrade o cosmetici con cui personalizzare l’aspetto del nostro personaggio.

Rispetto al passato l’avventura non si svolge su un solo pianeta, ma saranno ben 4 quelli esplorabili in Revenge of the Savage Planet, più un quinto che si sblocca una volta completata la trama. Ogni pianeta offre diversi biomi, creature e puzzle ambientali, e per esplorarli a fondo bisogna tornarci più volte dopo aver ottenuto l’equipaggiamento necessario. Nel corso della storia verremo contattati anche da altri bizzarri personaggi anch’essi in cerca di vendetta contro Alta Interglobal, offrendoci un gran quantitativo di missioni sia principali che secondarie.
Per arrivare ai titoli di coda servono circa 12/15 ore, ma i completisti potranno essere impegnati anche per il doppio grazie alla mole di collezionabili e segreti sparsi per i pianeti, inoltre l’intera avventura può essere giocata in cooperativa sia online che in split-screen locale. Dal punto di vista tecnico Revenge of the Savage Planet sfrutta l’Unreal Engine 5 per nascondere alcune imprecisioni (stiamo pur sempre parlando in un piccolo team) con colori sgargianti e accesissimi che rendono la resa generale comunque piacevole da vedere. Discorso diverso invece per il frame-rate, che sia su Xbox Series S che Xbox Series X è bloccato unicamente a 30 fps e non è esente da sporadici cali nelle situazioni più concitate. Il doppiaggio inglese è ottimo e ispirato, in particolare Eko che sarà alla fine anche la “nostra” voce visto che il protagonista è muto, mentre i testi sono localizzati in italiano. Il gioco inoltre è presente dal day one su Xbox Game Pass.

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