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Halo 5 e Hunt the Truth: la traduzione dell'Episodio 07

In corrispondenza dell'E3 il fanta-podcast su Halo 5: Guardians Hunt the Truth si è concluso con il tredicesimo episodio: noi continuiamo a proporvi la traduzione dei vari episodi per condurre anche voi, un po' alla volta, all'epilogo delle indagini di Benjamin Giraud. Eccovi quindi la traduzione dell'episiodio 07 sulle origini degli Spartan ed i segreti dell'ONI: buona lettura!


Scavando nel torbido, Ray arriva a delle scoperte interessanti. Petrosky torna a parlare di una verità agghiacciante sull’origine degli Spartan. E finalmente FERO fa la sua comparsa, aiutandomi ad ideare un piano per portare allo scoperto i peggiori segreti dell’ONI.

Episodio 07 - Chi è in Ascolto


Mshak Moradi (segreteria): Pronto?
Benjamin Giraud: Dai, Mshak!
Moradi (segreteria): Ah! Se pensavi di essere al telefono con Mshak, provaci ancora! Se fosse stato Mshak-
Giraud: Cosa lo porta a pensare che queste cose siano divertenti? Perché dovrebbero essere divertenti? Cioè, questo è quello che lasci sul telefono quando- Voglio dire non è divertente! Non lo è!
Moradi (segreteria): Buona fortuna!
Giraud: Mshak, nulla di tutto questo è divertente!

Erano passati tre giorni dalla bomba di Deon. Quell’amichevole vecchietto che insegnava boxe che ho intervistato? Il tizio la cui versione non quadrava minimamente? Salta fuori che è morto da sette anni. Con chi ho parlato? Non ne ho idea. Qualsiasi fosse la nostra teoria su quella copertura, ora sembrava qualcosa di molto più sinistro. Ray e Petra hanno fatto una mossa intelligente: hanno tagliato i ponti e se ne sono andati. Mshak è l’unico che rimasto.

Giraud: Dio mio! Sai cosa? Non sei divertente, Mshak!

Al contrario, mi ha dato un modo per vederci chiaro. A quanto pare sarei stato contattato da FERO, un misterioso ribelle con una profonda conoscenza delle tattiche ONI e dei suoi scheletri nell’armadio. E questa era la buona notizia. Quella cattiva? Non mi ha contattato nessuno. FERO non si è presentato, Mshak è disperso e io ho passato le 72 ore successive a sentire questi ridicoli messaggi registrati di continuo.

Giraud: Già, sai cosa? Perché ti sforzi a fare il brillante?! Sono l’unico essere umano in vita a volerti sentire!
Moradi (segreteria): Buona fortuna!
Giraud: Ahhh…

Il mio team era ridotto a quest’uomo. In un certo modo perverso ero contento della sua continua sorveglianza. Mi piaceva sapere che in giro c’era almeno qualcuno a provare la mia esistenza.

Giraud: Mshak, si lì? Mi stai ascoltando?

E poi… non c’era più. Iniziavo a pensare gli fosse successo qualcosa.

Giraud: Mshak, mi senti? Almeno dimmi se ci sei!
Moradi (segreteria): Eh… sei tu?
Giraud: Mshak!
Moradi (segreteria): Sono così contento di sentirti!
Giraud: Oh eccolo! Dov’eri finito?
Moradi (segreteria): Così posso sbatterti in faccia che sei in ritardo di tre giorni su di me!
Giraud: … Oh, ma dai! Dio mio! O mio dio, se mai lo agguanto, lo uccido!

Qui è Benjamin Giraud, e questo è HUNT the TRUTH.


Ray Kurzig (al telefono): Hey Ben, sono Ray. Senti… c’è la possibilità di trovarci per un drink?

Ok, ero sinceramente contento di sentire Ray. Con Mshak disperso la mia immaginazione galoppava. Se gli era successo qualcosa a qualcuno di loro era colpa mia. Quindi, ricevere tale chiamata era un sollievo immenso. Ma Ray non era mai stato un tipo da drink al bar. Schizzai per arrivare in tempo al bar dove mi aveva dato appuntamento.

Giraud: Allora, sono qui con Ray e, beh, un sacco di gente ubriaca e rumorosa.
Kurzig: Vedili come se ci stessero fornendo copertura contro le cimici, ci permettono di parlare liberamente.
Giraud: Vero, vero. Ah, Ray è consapevole che sto registrando il tutto.
Kurzig: Sì. A dirla tutta sto cercando di non pensarci, ma-
Giraud: Oh, tu… Va bene. Quindi… perché mi hai contattato?
Kurzig: Allora, il mio uomo finalmente è tornato da me. Stava aspettando qualche dato extra su Walker.

Quello non l’avrei mai detto. Avrei giurato che Ray volesse stare quanto più lontano possibile da un argomento del genere. Ma se aveva qualcosa da dire sarei stato tutt’orecchie.

Giraud: E…?
Kurzig: Tutti i registri militari ONI sono stati controllati
Giraudi: E se teniamo conto che l’ONI ha tutti i registri militari…
Kurzig: Beh, quasi tutti.

Ray mi spiegò che ogni soldato arruolato deve firmare un documento in cui dichiara che si è arruolato volontariamente. Così facendo, se più avanti qualche familiare rancoroso dovesse dichiarare il contrario, l’ONI sarebbe coperto. L’ufficio destinato alla gestione di quei documenti, però, è una farsa. Per tutte le duecentomila accuse di servizio involontario ricevute nel corso degli anni il risultato è stato sempre lo stesso: le famiglie perdono, l’ONI vince. Ogni singola volta. Ray sostiene che il meccanismo è talmente automatico che quando il suo uomo ha fatto richiesta per visionare quei documenti sia risultata come la prima richiesta del genere mai ricevuta dal sistema da parte di un umano in cinquant’anni. Mentre diceva ciò, Ray gongolava, per cui capii che il colpo di scena doveva ancora arrivare.

Kurzig: Centottanta giorni dopo la fine del fermo di un soldato il sistema dovrebbe modificare il modulo etichettandolo come “congedato”
Giraud: No.
Kurzig: Sì.
Giraud: I documenti di Walker non lo davano in congedo.
Kurzig: Ma nemmeno in servizio.
Giraud: Cosa?
Kurzig: Jakob Walker è l’unico soldato del database militare che non risulta né in servizio né in congedo.
Giraud: Se lo sono perso? Come hanno fatto?
Kurzig: (ride)
Giraud: Nessuno che faccia un controllo!?
Kurzig: No, nessuno eccetto me.
Giraud: (ride)

Ray aveva sorpreso l’ONI in un problema d’amministrazione. Ed lo aveva fatto durante il turno in servizio, perché quello che disse poi mi fece strabuzzare gli occhi. Il pacato analista Ray Kurzig aveva usato le mie registrazioni della voce di Walker come template per scansionare la “discarica dei dati” in cerca di corrispondenze. Una cosa da assolutamente illegale, da traditori.

Giraud: Tu cosa?! Ray!
Kurzig: (ride)
Giraud: Tu non sei Ray, ridatemi il vero Ray?!
Kurzig: (ride)
Giraud: (ride)
Kurzig: Oh, impazzirai per quello che ho trovato.

Jakob Walker: (estratto da una pubblicità) Tenete le orecchie dritte su Ganymede! Arriva la tua occasione per essere il primo del pianeta ad avere un warthog tutto tuo!

Giraud: No.
Kurzig: Ecco il tuo uomo, Jakob, diciannove anni fa a promuovere veicoli commerciali per qualche rivenditore sconosciuto.
Giraud: Dei del cielo. Una pubblicità?
Kurzig: Già, è un attore.
Jakob Walker: (registrazione) Visita o chiama un venditore autorizzato. La bella e la bestia in un’unica creatura.
Giraud: (ride)

Non potevo crederci. Stavo ascoltando una delle fonti che l’ONI mi aveva fornito mentre recitava in uno spot… per un venditore di Hog su Ganymede. Il tutto mentre i documenti lo collocavano dall’altra parte dello spazio colonizzato. L’ONI aveva completamente inscenato Walker e Ray li aveva colti con le mani nella marmellata, i bastardi!

Giraud: È incredibile!
Kurzig: (ride)

Lì seduto, con un drink in mano, tutta la frustrazione e l’ansia apparsi sulla mia faccia nelle ultime settimane iniziarono a svanire. Decidemmo di fare un altro giro. Ray mi divertiva davvero! Per un poco non parlammo nemmeno di tutta questa storia e mi sentii… normale. Non poteva durare ovviamente. Le implicazioni di tutto questo si stavano insinuando nella mia testa e non ci volle molto prima che tornassero a galla. Se le storie di Walker sul campo non erano reali allora il buio sulle origini del Chief andava oltre il suo falso arruolamento a sedici anni. Quanto era tutta una messinscena? Dove finiva la verità? Tutto quello che sapevo a quel punto era che dovevo parlare con una persona precisa appena fuori da quel bar. Si trattava dell’unica persona contraddetta dalle storie di Walker, e io l’avevo pure messa in un angolo. Non mi restava che sperare che Anthony Petrosky rispondesse alla mia chiamata.

Anthony Petrosky: Oh, quindi ora vuoi sentire la mia versione eh?!
Giraud: Già. Senti, ti devo delle scuse.
Anthony Petrosky: Mhm…
Giraud: Quando abbiamo parlato non sapevo a cosa credere e mi-
Anthony Petrosky: (sospira)
Giraud: Avrei dovuto darti almeno il beneficio del dubbio, lo ammetto.
Petrosky: Ok, ok… solo non diventarmi troppo melodrammatico, va bene?

Fu imbarazzante, ma dopo qualche minuto, Petrosky iniziò ad ammorbidirsi.

Petrosky: Io sto seguendo la tua storia.
Giraud: Davvero? Che ne pensi?
Petrosky: Beh, l’ONI sta raccontando qualche bugia (ride)
Giraud: (ride)
Petrosky: Disgustoso, dico io. Loro possono – loro fanno il cazzo che gli apre come se fossimo una manica di stupidi, ti dico, una cosa del tipo “E dov’è il problema? Nello spazio profondo? Infiliamoci un pianeta vetrificato, qualche ribelle cattivo e la storia è bella che pronta”. Ridicoli! Assolutamente ridicoli. I tuoi uomini nelle colonie esterne lo sanno, stanno portando a galla tutta la merda. È grandioso.
Giraud: Lo so.

Sapevo esattamente quali domande fare a Petrosky, ma non ne avevo il coraggio. Ad essere onesti le avevo evitare per tutta la mia carriera. Il programma Spartan era circondato dall’oscurità più profonda. I civili non avevano la minima idea, ma fra le file dei soldati giravano delle voci. Persino i dettagli più frammentati che avevo ottenuto durante i miei anni come reporter dal fronte erano bastati a convincermi che era un vaso che non volevo aprire. Mi imbarazza ammettere che avevo semplicemente deciso di evitare tutta la faccenda, ma ora non potevo più farlo. Anthony mi avrebbe detto ogni cosa. Dovevo solo avere il coraggio di chiedere, cosa che feci ed ecco quello che mi disse.

Petrosky: Ascolta, tutto quello che ho sentito sono dicerie ma ne parlano tutti: l’ONI che rapisce ragazzini lasciandosi dietro cloni per coprire le tracce. Quei cloni… sono destinati ad ammalarsi e morire così tutte le famiglie erano convinte di aver seppellito i propri figli. In realtà i loro pargoli a quel punto erano proprietà del governo, presi dall’ONI, addestrati per anni per diventare Spartan. Infine, poco più che adolescenti, venivano sottoposto al potenziamento biologico, un modo innocuo per dire che venivano fatti a pezzi e rimessi insieme a suon di tecnologia. Qualsiasi cosa potesse dare un vantaggio tattico al governo. Cristo! Ad una cosa del genere ne sopravvivevano… ma comunque i ragazzi che la superavano venivano mandati dall’ONI in giro per la galassia a sistemare i peggio casini. E tutto era “top secret” capisci. Gli Spartan sono soldati segreti segretissimi. Infine è arrivato il Covenat. La Terra aveva un posto in prima fila e all’improvviso ci siamo ritrovati con parate in loro onore, gente che si prostrava ai loro piedi in quanto zenith della razza umana. Ma non sono umani. Nessuno sa con certezza cosa diavolo ci sia sotto quegli elmetti, ma sicuro come la morte non degli eroi. Qualsiasi cosa siano… non sono persone come noi.

Era proprio la storia che non avrei mai voluto sentire. Non avevo prove per riportarla come qualcosa di più di un semplice pettegolezzo, ma era l’unica spiegazione sensata che avevo sentito da quando era iniziato tutto questo casino. L’unica che dava realmente senso a tutti i dati raccolti e che spiegava l’interesse ONI a nascondere il tutto. Perché la verità era un incubo. Costruita, pianificata e nascosta nell’oscurità impunemente. Quando si permette a poteri del genere di operare nel buio così a lungo l’’oscurità stessa ne entra a far parte. Senza dei controlli, degli equilibri è facile prendere delle scorciatoie in nome dell’efficienza. Perdere pezzi della nostra umanità un poco alla volta con mille scuse, fino a quando quello che resta è ripugnante. Facendosi avanti Anthony aveva rotto un impenetrabile codice del silenzio. Gli chiesi il motivo di tale scelta.

Giraud: Non dovresti seguire un codice di condotta o cose simili?
Petrosky: Quale codice, eh? Quello ONI? Certo, non me ne frega nulla. Senti, non ho nulla contro quel ragazzo, quel John o Master Chief qualsiasi sia il nome con cui lo chiamano. Ha semplicemente fatto quello per cui lo hanno creato. Ora, l’ONI… ecco l’uomo nero. Qualche sadico graduato vuole mettere alla prova questi giocattoli chiamati Spartan quindi trova una scusa con il sangue dei miei compagni? No, non rimarrò in silenzio su una cosa del genere.
Giraud: Non sei preoccupato delle conseguenze?
Petrosky: Cosa mi faranno? Dimmi. Mi rovineranno la vita? Più di così? Arriverebbero tardi, bello mio. Voglio dire, Ben, tu non hai visto come vivo, com’è la mia casa. Ma lasciati dire una cosa: preferiresti scappare. Voglio dire, mangio proteine in scatola. Sono a tanto così dall’andare a vivere per strada. Ho un braccio in titanio. Benefici dei veterani? Tutta una puttanata. Tutto questo è come mi ricompensano per essere rimasto nella mischia per quindici anni, per aver rischiato la vita ogni dannato giorno per loro e tu mi chiedi se dovrei sentirmi responsabile di quello che dico su di loro? Assolutamente no, a loro non devo un cazzo di niente. Non dopo quello che mi hanno fatto.
Giraud: Mh, bene. Grazie, io devo andare ora.

La cosa potrebbe farmi apparire cinico, ma nel descrivere le sue difficoltà Petrosky si stava lasciando andare. Quello che mi aveva detto mi aveva stordito. Dissi che non mi sentivo bene, che dovevo riposare. Lui capì.

Petrosky: Bene. Spero che… spero di averti aiutato.
Giraud: Sicuramente. Grazie.

Dovevo fare un passo indietro per trovare la visione d’insieme su quello che l’ONI aveva tatto, ma la mia mente si rifiutava di collaborare. Al contrario, si era fissata su un assurdo particolare: i doppioni creati per rimpiazzare i ragazzi rapiti. Al di fuori dello schifo esternato da Petrosky, ero fermo a immaginare la tragica esistenza di uno di questi cloni. Erano umani, creati in laboratorio, modificati in modo da far crescere i loro corpi velocemente, le ossa che si allungavano in poche ore. Neonati nel corpo di bambini di sei anni.

Qualcuno doveva aver insegnato loro a parlare, a camminare. Qualcuno li aveva mai toccati? Guardati negli occhi? Avevano un nome? Quando era arrivato il momento, l’ONI li aveva infilati nelle vite di altri ragazzi, lasciandoli da soli in una camera sconosciuta su un letto probabilmente ancora tiepido. Al mattino i genitori erano entrati nella stanza, estranei comunque incapace di dare loro una qualsiasi spiegazione su quello che stava succedendo. Nessuno li aveva confortati, erano completamente in balia di sé stessi. Alla fine, quei ragazzi aveva cominciato a morire. Si erano spezzati e dissolti circondati da persone con il cuore spezzato, stranieri incapaci di aiutarli. Tutti i dottori avevano fallito nel loro tentativo di fermare quel male che li stava divorando dall’interno. Una folle corsa verso l’inevitabile con loro costretti a non fermarsi mai perché nessuno sapeva la verità: che questi ragazzi erano vissuti nella solitudine fino ad una morte dolorosa perché qualcuno aveva semplicemente deciso che così dovevano andare le cose. I cloni prodotti dall’ONI per i loro fini non erano certo un incubo. L’incubo erano i fini stessi.


FERO: Ti hanno detto qualcosa di spiacevole?

Era ancora buio fuori quando venni svegliato da quella voce. Vivevo da solo ma qualcuno mi stava parlando dal buio. “Ben, vieni qui”. Ero pietrificato. Alla fine realizzai che proveniva da una delle mie reti. Il mio sistema di comunicazione era stato violato. Iniziai a registrare. FERO finalmente si era fatta viva e, a quanto pare, si era auto invitata.

FERO: Questa volta vi hai dato ascolto?
Giraud: Sì, l’ho fatto. Ho la sensazione che se questa storia arrivasse alle persone, se riuscissimo a smascherare tutta la sceneggiata, potremmo dar vita ad un incendio.
FERO: Forse, ma hai ancora tanto da lavorare. Con l’ONI che controlla il 90% delle comunicazioni quel fuoco ci metterebbe un bel po’ ad attecchire e non credo abbiamo tutto quel tempo a disposizione, non con quello che sta per succedere.
Giraud: Perché? Cosa sta per succedere?
FERO: Le anomalia spaziali, il tuo amico Mshak ne sta tenendo traccia. Non abbiamo idea di cosa siano, ma stanno diventando sempre più potenti. Qualcosa si sta avvicinando e noi dobbiamo essere più veloci.
Giraud: E come?
FERO: Abbiamo degli amici nell’UEG, persone che sono rimaste nel buio, alcuni di loro hanno una certa influenza e se sentissero la tua storia… colpirebbero duro.
Giraud: Di chi stai parlando? Politici? Chi sono queste persone tenute nell’oscurità dall’ONI?
FERO: Sono senatori importanti che non sanno nulla di tutto questo. Devi assolutamente parlare con loro. Raccontare la verità al potere. Fai in modo che nella stessa stanza ci sia pure l’ONI quando racconterai tutto questo, così non avranno modo di rigirare la storia, e i senatori potranno far scoppiare il caso nello stesso istante.
Giraud: Ok, ma come faccio? Arrangiare una tavolata con i quadri dell’ONI e i leader del senato, intendo. Anche se mai queste persone dovessero trovarsi nella stessa stanza io non sarei di certo invitato, non certo per poi fare un’imboscata ad una buona metà di loro. Non vedo un’occasione possibile.
FERO: La creiamo.
Giraud: Come?
FERO: Con il panico. Diffondiamo pubblicamente delle informazioni che l’ONI non può contenere.
Giraud: La copertura del programma Spartan.
FERO: No, quella la usiamo per incendiare il senato. Il pubblico ha bisogno di titoli roboanti, esplosivi. La tua storia potrebbe avere riscontri pesanti nelle colonie esterne, ma sulla terra e in altri posti è troppo complessa e dimenticata per attirare l’attenzione. Non abbiamo tempo per una cottura lenta. La gente deve ricevere un messaggio chiaro, semplice. Tipo che stiamo per morire tutti… ed è quello che faremo.

FERO era una forza della natura, e stava per mettere in moto qualcosa di grande. Avrebbe portato i politici simpatizzanti e l’ONI nella stessa stanza e preparato il campo per me in modo da farmi esporre le mie prove, far saltare tutte le coperture… scoperchiare il vaso. 

FERO: L’ONI sarà esattamente dove vorremo che sia, quindi io darò il via alle danze. A quel punto tu dovrai puntare alla gola.

Continuate a seguirmi per il prossimo episodio di HUNT the TRUTH.

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L'autore

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Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

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