Recensione - Blades of Fire

Il Gioco
Blades of Fire ci trasporta in un regno medievale un tempo florido, ma ora avvolto dalla disperazione a causa dell'oppressione della Regina Nerea, la quale ha scagliato una maledizione trasformando quasi tutto l'acciaio del mondo in pietra, e privando così gli abitanti dei mezzi per difendersi contro il suo esercito. In questo scenario ci troviamo nei panni di Aran de Lira, figlio del Comandante del Re e fabbro dal passato misterioso che, a causa di eventi passati, vive ormai in solitudine. Il suo destino cambia drasticamente quando un abate suo amico lo va a trovare ma viene attaccato dai soldati della regina; il religioso soccombe purtroppo all'attacco, ma in punto di morte consegna al nostro eroe un oggetto da proteggere, che si rivelerà poi essere uno dei sette martelli divini appartenuti agli antichi Forgiatori, creature mitiche che plasmarono il mondo intero. Questo potente artefatto è l'unico in grado di lavorare l'acciaio senza che si tramuti in pietra, dando quindi ad Aran la possibilità di armarsi e porre fine al regno dispotico della regina.
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Ad accompagnarlo in questa impresa disperata troviamo Adso, un giovane novizio ed apprendista dell'abate (chiaramente ispirato all'omonimo personaggio de Il Nome della Rosa). Sebbene l'inizio della loro collaborazione possa sembrare affrettato, con Aran che parte quasi subito dopo aver conosciuto Adso, il legame tra i due si sviluppa e si approfondisce nel corso dell'avventura. Adso non è un combattente, ma si rivela un compagno preziosissimo: osserva e prende appunti su nemici e luoghi visitati, compilando un diario che funge da codex di informazioni su debolezze, statistiche e comportamenti degli avversari. Inoltre, fornisce costantemente ad Aran informazioni sulle regioni esplorate, sugli eventi passati e sulla lore del mondo, che scopriamo ben presto essere molto vasta e stratificata. Adso ci aiuta anche nella risoluzione di alcuni enigmi ambientali e le sue annotazioni, presentate anche come veri e propri concept art del gioco del team di sviluppo che Aran può visionare nel campo base, arricchiscono l'immersione in questo universo narrativo.
L'obiettivo primario è semplice solo in apparenza: raggiungere il palazzo reale e sconfiggere la Regina. Tuttavia, questo viaggio si trasformerà in un'epopea ben più complessa, costellata di deviazioni, scoperte e personaggi secondari che, seppur spesso confinati a specifiche regioni, aggiungono colore e profondità a un mondo altrimenti cupo. Tra questi spiccano figure come la vecchia Glinda, un tempo Maestra Forgiatrice che ora desidera solo essere lasciata in pace ma che si rivelerà utile per Aran, lo spirito errante Melcart e il Re Ogre Tok. La storia, pur partendo da premesse che potrebbero sembrare inizialmente piuttosto banali, guadagna spessore con il procedere dell'avventura.

Il mondo di Blades of Fire è strutturato in una serie di mappe di grandi dimensioni composte da macro-aree interconnesse tra loro, vaste e dense di segreti. Il gioco è suddiviso in capitoli, ognuno dei quali presenta una mappa di dimensioni considerevoli, con la prima enorme e le altre progressivamente più contenute, che incoraggia l'esplorazione e la scoperta. Ogni area presenta inoltre un level design tutt'altro che banale: gli scenari sono intricati, labirintici, pieni di bivi, scorciatoie da sbloccare e passaggi nascosti che premiano l'esplorazione. Pur non essendo tecnicamente un metroidvania, questo approccio richiama fortemente quel genere, nel quale i MercurySteam sono dei maestri: spesso ci si imbatte in zone inizialmente inaccessibili, che richiederanno il ritrovamento di specifici oggetti, come rune magiche o chiavi particolari, o l'acquisizione di nuove abilità per essere superate, spingendo a un backtracking ragionato e mai fine a sé stesso.
La verticalità è un elemento importante del design dei livelli, con fortezze diroccate, villaggi in rovina e aree paludose che si sviluppano su più piani, offrendo molteplici approcci all'esplorazione. Tuttavia, questa complessità strutturale è talvolta minata da una certa cripticità: il gioco non ci guida mai verso il prossimo obiettivo, lasciandoci spesso il compito di capire dove andare e cosa fare. Se da un lato questo approccio può risultare appagante per chi ama perdersi e scoprire autonomamente la via, dall'altro può generare momenti di frustrazione, con una mappa di gioco che, non disponendo dell'elemento tridimensionale, non offre il dettaglio necessario per orientarsi con facilità. Il gioco ci popone anche un sistema di viaggio rapido, affidato a una rete di antiche incudini dei Forgiatori che, similarmente ai falò del genere souls-like, fungono da checkpoint, punti di ristoro dove ripristinare la salute (causando però il respawn dei nemici), e, soprattutto, da portali per La Forgia, un regno divino dove Aran può dedicarsi all'arte della creazione e riparazione delle armi. Presso queste incudini è possibile accedere rapidamente ad altre incudini già scoperte, facilitando gli spostamenti nelle vaste aree di gioco.

Il cuore del gameplay di Blades of Fire risiede in due sistemi interconnessi e profondamente curati: la forgiatura delle armi e il combattimento. In un mondo dove l'acciaio è diventato pietra, Aran è in grado di forgiare armi solo grazie alla Forgia degli dei ed, ad eccezione di un paio di armi iniziali, ogni strumento di combattimento (esclusivamente armi da taglio o contundenti, non esistono archi né scudi) andrà creato qui. La Forgia, accessibile dalle incudini, è il luogo dove si svolge questo processo creativo. Qui, utilizzando i materiali raccolti esplorando il mondo, sconfiggendo nemici o riciclando vecchi equipaggiamenti, si possono creare e personalizzare spade, asce, martelli, lance e molto altro, suddivisi in sette categorie principali, ognuna con cinque tipologie distinte. Non possiamo però inventare o forgiare qualsiasi arma: dobbiamo prima ottenerne i progetti, che Adso riuscirà a compilare osservandoci in combattimento e solo dopo che abbiamo sconfitto un certo numero di nemici che brandiscono quelle armi. Alternativamente, è anche possibile trovare antiche pergamene relative ad armi specifiche.
Il processo di forgiatura è un vero e proprio minigioco: bisogna selezionare i materiali (che influenzano statistiche come danno, peso, durabilità, portata, velocità, capacità di parata e consumo di stamina ), scegliere la forma della lama, la guardia, il pomo, e poi, letteralmente, martellare il metallo incandescente sull'incudine per dargli la forma desiderata, cercando di riempire al meglio il profilo dell'arma per massimizzarne la qualità. La qualità della forgiatura, rappresentata da un sistema di stelle, determina quante volte un'arma potrà essere riparata prima di diventare inutilizzabile. Le armi, infatti, non sono eterne: si usurano con l'uso, colpendo nemici o parando i loro attacchi, e anche affilandole (azione necessaria per mantenerne l'efficacia in combattimento, ma che ne riduce la durabilità complessiva). Quando un'arma si rompe del tutto, può essere riparata consumando una "stella di forgiatura" o riciclata per recuperare parte dei materiali. Questo sistema, di forgiatura, anche se inizialmente sembra tedioso, dopo un po' inizia a diventare piacevole ed importante per forgiare armi sempre più potenti man mano che recuperiamo materiali migliori; ad esempio una spada forgiata con un acciaio morbido infliggerà molti più danni se, dopo diverse ore di gioco, la forgiamo nuovamente usando acciai pregiati rinvenuti nelle aree più pericolose.

È possibile equipaggiare per l'accesso rapido fino a quattro armi contemporaneamente, intercambiabili in qualsiasi momento dal menu dell'inventario, spingendoci quindi a gestire con attenzione il nostro equipaggiamento e a prepararci per ogni evenienza. Le armi usate, anche quelle rotte, possono essere vendute a Glinda, l'enigmatica vecchia forgiatrice simile ad una strega di Miyazaki, che abita in una casa semovente sul dorso di un coleottero gigante; più un'arma ha acquisito "fama" attraverso l'uso in battaglia, maggiore sarà la ricompensa in termini di risorse rare che Glinda ci offrirà. Un altro elemento magico è introdotto dalla figura della Dama Blu, che appare in determinate aree della mappa offrendoci di permeare le nostre armi con antiche rune, necessarie per interagire con specifici elementi dell'ambiente segnati dai simboli di quelle rune, come ad esempio per ricostruire ponti crollati riavvolgendo il tempo in punti specifici, aggiungendo un ulteriore livello di profondità all'esplorazione e al superamento degli ostacoli.
Se questo è solo quento riguarda la creazione e gestione delle armi, il sistema di combattimento vero e proprio di Blades of Fire è altrettanto distintivo ed originale, quanto impegnativo. Abbandonando il classico schema di attacco leggero/pesante, ogni tasto frontale del controller corrisponde a una direzione d'attacco: B per un fendente da destra, Y per un colpo dall'alto e così via, permettendoci così di puntare a testa, fianco destro, fianco sinistro o gambe del nemico. Premendo velocemente i tasti si ottiene un veloce attacco leggero, mentre mantenendo premuto e rilasciando si carica un attacco pesante, più lento ma molto efficace; inoltre molte armi hanno due tipi di attacco, fendenti e affondi, scambiabili in qualsiasi momento con il grilletto destro durante la battaglia. Questa meccanica è molto importante perché i nemici presentano debolezze e resistenze specifiche a determinati tipi di danno (taglio, perforazione, contusione) e su diverse parti del corpo, evidenziate da un'aura colorata quando si aggancia un bersaglio (verde per danno massimo, arancione per danno ridotto a costo di durabilità, rosso per nessun danno e attacco respinto). È fondamentale, quindi, scegliere l'arma giusta e l'angolazione d'attacco corretta per ogni situazione.

Mentre sferriamo colpi o rotoliamo per schivare i nemici, la stamina di Aran si abbassa, e per recuperarla più rapidamente dobbiamo metterci in posizione di parata. Schivate e parate correttamente temporizzate sono altrettanto importanti per avere la meglio. L'ambiente stesso gioca un ruolo nei combattimenti: le armi, soprattutto quelle più lunghe come martelli e lance, possono cozzare contro muri o colonne in spazi ristretti, interrompendo il nostro attacco (nonostante il gioco "bari" perché lo stesso non accade ai nemici), quindi è importante scegliere l'arma giusta anche in base all'ambiente in cui ci troviamo. Quando si muore, l'arma equipaggiata al momento del decesso rimane pietrificata nel punto della sconfitta e deve essere recuperata, pena la sua perdita definitiva, mentre Aran viene riportato all'ultima incudine visitata.
I combattimenti sono sicuramente impegnativi e richiedono una buona temporizzazione di colpi, parate e schivate; il gioco ci offre tre livelli di difficoltà (Bronzo, Ferro, Acciaio), ma anche a Bronzo la sfida rimane elevata, specialmente contro i boss, con nemici che possono richiedere moltissimi colpi per essere abbattuti e che possono farci fuori con pochi fendenti, o situazioni in cui si viene facilmente sopraffatti da gruppi numerosi. Aran, inoltre, non ha armature di diversi livelli; tutte le sue statistiche difensive e offensive dipendono quasi interamente dalle armi che forgia ed equipaggia. Non siamo di fronte ad un RPG e non esiste quindi un sistema di livellamento tradizionale, con la salute massima e la stamina che possono essere incrementate solo trovando specifici cristalli nascosti nel mondo di gioco.

Per quanto riguarda la longevità, Blades of Fire è senza dubbio un'avventura corposa, cosa che, a causa di alcune pecche che leggerete più in basso, potrebbe far desiderare a volte che fosse più breve. Completare la trama principale richiede, a seconda dell'abilità del giocatore e del livello di difficoltà scelto, dalle 50 alle 60 ore, mentre per i completisti che desiderano sviscerare ogni segreto, affrontare tutti i boss secondari e raccogliere ogni collezionabile, la durata può tranquillamente superare le 60 ore. Sul fronte della localizzazione, il gioco presenta testi e sottotitoli completamente in italiano, mentre il doppiaggio rimane in lingua inglese.
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