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A Plague Tale: Requiem
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Recensione - A Plague Tale: RequiemXbox Series X | SGame

A poco più di tre anni e mezzo dall’uscita del titolo originale, Asobo Studio pubblica finalmente A Plague Tale: Requiem, il nuovo capitolo delle avventure di Amicia e Hugo con il quale lo studio francese è chiamato a confermare l’ottimo successo di pubblico e critica ottenuto con la prima avventura. Ci saranno riusciti? Scopriamolo nella nostra recensione.
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Il Gioco

A Plague Tale: Requiem è il sequel diretto di Innocence e, come tale, si colloca a poca distanza dagli eventi narrati nel gioco originale. Siamo nel Regno di Francia a metà del 1349. La Guerra dei Cent’Anni sta letteralmente divampando mentre l’epidemia di peste nera iniziata un anno prima continua a diffondersi senza sosta nelle varie regioni del paese. Sono passati pochi mesi da quando la giovane Amicia De Rune e il suo fratellino Hugo, i protagonisti del gioco, sono fuggiti dalla Guienna, l’attuale Aquitania, insieme alla madre Beatrice e a Lucas, un giovane apprendista nell’arte dell’Alchimia. La fuga si è resa necessaria poiché le persone del luogo faticavano a non considerare il piccolo Hugo come il responsabile della diffusione dei ratti e, di conseguenza, dell’epidemia di peste nella zona. Difficile dargli torto, in realtà. Hugo infatti è il portatore della cosiddetta “Macula”, una malattia originatasi apparentemente durante l’epidemia di peste che colpì l’impero Bizantino nel VI secolo dopo Cristo e che è rimasta sopita per centinaia di anni nel sangue di alcune famiglie nobili, per poi risvegliarsi più forte che mai nel corpo del giovane Hugo. La Macula, oltre a rappresentare una minaccia per la salute di chi ne è affetto, crea una connessione con i ratti, i quali seguono il portatore e reagiscono ai suoi stati d’animo, diventando più o meno aggressivi anche in funzione di queste condizioni.

MX Video - A Plague Tale: Requiem

Non c’è quindi da stupirsi se ciò che resta della famiglia De Rune ha dovuto emigrare verso la Provenza per iniziare una nuova vita e, soprattutto, per trovare una cura capace di estirpare una volta per tutte la Macula dal corpo del piccolo Hugo. Non andrò oltre per quanto riguarda la trama, così da non rivelare nulla a chi vuole godersi ogni singolo istante della sceneggiatura scritta da Asobo Studio. Una sceneggiatura che accompagna i protagonisti, e anche il giocatore, in un lungo viaggio attraverso 17 capitoli diversi, che si traducono in circa 15/18 ore di gioco a seconda delle capacità di chi impugna il controller e della sua propensione ad esplorare a fondo ogni ambientazione. Un viaggio nel quale si alternano, proprio come nel capitolo originale, fasi esplorative, momenti stealth e risoluzione di piccoli enigmi, e che vede i due protagonisti attraversare varie ambientazioni e confrontarsi con una serie di antagonisti che, per un motivo o per un altro, incrociano il loro destino con quello dei giovani De Rune, i quali però possono fortunatamente contare su un discreto numero di compagni di viaggio che si alternano al fianco dei due protagonisti fornendo in più di un’occasione un valido aiuto.

Il gameplay di A Plague Tale: Requiem, proprio come quello del capitolo originale, si fonde in maniera estremamente naturale con la sceneggiatura e, proprio come la trama, non rappresenta una rivoluzione ma bensì la giusta evoluzione di un sistema di gioco che, seppur con qualche difetto, ha contribuito a rendere Innocence uno dei titoli più apprezzati del 2019. Alla base di tutto troviamo le classiche meccaniche da avventura in terza persona, con il giocatore che (salvo rarissime eccezioni) controlla direttamente solo Amicia. Come sa bene chi ha giocato il capitolo precedente, la giovane De Rune ha dovuto imparare rapidamente a proteggere sé stessa e i suoi cari dai nemici, siano essi soldati, semplici malintenzionati o ratti. Nel nuovo episodio, la minaccia principale è rappresentata dalle truppe del Conte di Provenza, che governano l’omonima zona con il pugno duro e che, sin dalle fasi iniziali, danno filo da torcere ai protagonisti. Amicia, dal canto suo, può contare nuovamente sulle sue doti stealth, che le consentono di sfruttare i ripari e l’erba alta per sfuggire alla vista degli avversari. La giovane è inoltre particolarmente dotata nell’uso della fionda, che può essere utilizzata per mandare al tappeto gli avversari sprovvisti di elmo o per creare dei diversivi. Il secondo capitolo introduce poi una nuova arma, ovvero la balestra, con la quale Amicia può uccidere sia i nemici più deboli sia quelli corazzati, a patto di avere abbastanza dardi e di saper individuare i giusti punti deboli da colpire.

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La seconda minaccia è invece rappresentata dai ratti, che infestano buona parte delle ambientazioni e che non possono essere affrontati direttamente, ma solo evitati sfruttando la loro paura del fuoco o distratti con delle vere e proprie esche. Qui entrano in gioco le capacità alchemiche di Amicia che, anche grazie agli insegnamenti di Lucas, le consentono di creare una serie di composti diversi a partire da alcuni elementi base che è possibile raccogliere durante l’esplorazione. In totale, la giovane De Rune può preparare 4 diverse tipologie di composti, una in più rispetto al primo capitolo, che possono poi essere usati come proiettili per la fionda, lanciati silenziosamente a mano, fissati sui dardi o inseriti all’interno di vasetti di coccio, da lanciare sul terreno per spargere in maniera più efficace il prodotto presente all’interno. Tra i composti ritroviamo l’Ignifer, una preparazione in grado di incendiare torce, falò e, perché no, anche i nemici, l’Extinguish, un prodotto in grado di soffocare istantaneamente le fiamme e l’Odoris, una vera e propria esca per ratti. A questi composti, già presenti nel titolo originale, si affianca l’inedita Pece, che può essere utilizzata per incendiare una piccola porzione di terreno, per far propagare le fiamme a partire da una fonte attiva o per aumentare temporaneamente l’intensità di una fiamma, così da aumentarne il raggio di azione.

Tutti questi composti devono ovviamente essere utilizzati per farsi strada tra le orde di ratti che incontriamo durante il viaggio, ma possono anche essere rivolti contro gli avversari umani per danneggiarli e/o per distrarli. Inoltre, proprio come capitava nel primo capitolo, anche in A Plague Tale: Requiem è possibile sfruttare i ratti a proprio vantaggio, spegnendo le torce per lasciare i nemici alla mercé dei roditori o attirare le orde verso di loro utilizzando le esche. Le opzioni a disposizione di Amicia e Hugo però non si esauriscono qui. Ognuno dei compagni che si alterna al loro fianco durante l’avventura può infatti collaborare alla risoluzione degli enigmi, generalmente interagendo con oggetti come leve o carrelli, o contribuire attivamente alla causa con un talento speciale, come la capacità di affrontare i nemici in combattimento o di rifrangere la luce emessa dalle fonti illuminate per creare una piccola zona sicura attorno ai protagonisti. Il progredire della Macula ha inoltre conferito al portatore delle abilità sovrannaturali, che gli consentono letteralmente di scansionare l’area attraverso i sensi dei ratti per rilevare i nemici nelle vicinanze e di controllarne per un breve lasso di tempo i movimenti, così da poter guidare l’orda verso uno specifico nemico o verso un gruppo. A differenza di tutte le altre abilità, quest’ultima influisce però in modo attivo sullo stress accumulato da Hugo, che deve sempre essere tenuto sotto controllo per evitare che il piccolo possa esserne sopraffatto.

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In A Plague Tale: Requiem ritroviamo anche il sistema di crafting inaugurato con il primo capitolo, attraverso il quale è possibile rendere più efficace l’equipaggiamento a disposizione della protagonista o aumentare le sue capacità di trasporto di reagenti e dardi, il tutto consumando le parti di rottame e gli attrezzi raccolti durante l’esplorazione. Nel gioco è infine presente anche un sistema di crescita dinamico del personaggio, che consente ad Amicia di incrementare le proprie abilità attraverso 3 percorsi specifici dedicati rispettivamente al combattimento, al crafting e alle capacità stealth, il tutto sulla base di come il giocatore decide di affrontare le varie situazioni. Ogni percorso è suddiviso in varie sezioni, che una volta completate sbloccano abilità o bonus specifici per una determinata specializzazione. Nel corso del loro viaggio, Amicia e Hugo possono inoltre raccogliere dei collezionabili, come fiori o piume, e individuare degli oggetti segreti, chiamati souvenir. Tutti questi elementi non hanno un impatto diretto sulla vicenda o sulle abilità, ma permettono al giocatore di approfondire la conoscenza dei personaggi e degli avvenimenti attraverso dialoghi speciali o sequenze uniche.

Per dare vita ad A Plague Tale: Requiem, Asobo Studio ha deciso di affidarsi alla quinta versione dell’Unreal Engine di Epic, con l’aggiunta della tecnologia Megascans. Sulle due console testate in sede di recensione, ovvero Xbox Series X e Xbox Series S, il gioco raggiunge rispettivamente i 1440p, upscalati in 4K, e i 900p a 30fps, che possono salire fino a 40 fps se si dispone di un display che supporta i 120hz e si attiva la tecnologia VRR. Per quanto riguarda il comparto audio, la nuova avventura di Amicia e Hugo può contare su una colonna sonora inedita, composta nuovamente da Olivier Deriviere, e sul doppiaggio in varie lingue, tra cui però non figura l’italiano. La nostra lingua è invece una di quelle supportate per quanto riguarda la localizzazione dei sottotitoli e di tutte le parti scritte presenti nel gioco.

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Amore

Stesso gameplay, ma più in grande

- Dopo il successo ottenuto con il primo capitolo, Asobo Studio aveva di fronte a sé due strade per A Plague Tale: Requiem: rimanere fedele al concept originale ed espanderlo o rivoluzionare il gameplay con elementi open-world o una maggiore componente RPG. Come avrete capito leggendo la recensione, il team ha fortunatamente optato per la prima opzione. Il nuovo episodio è in tutto e per tutto simile al precedente, ma ogni aspetto è stato ampliato e migliorato. Le ambientazioni ora sono decisamente più grandi, più varie e offrono una maggiore libertà di scelta al giocatore, con una serie di situazioni completamente inedite e nuovi collezionabili perfettamente integrati all’interno del gioco. Allo stesso modo, anche le aggiunte alle capacità alchemiche e la balestra garantiscono a chi impugna il pad un ventaglio più ampio di possibilità in caso di scontro, a cui si affiancano le abilità uniche di Hugo. È poi impossibile non sottolineare il passo in avanti fatto sul fronte della longevità, con la possibilità di rigiocare l’intera esperienza in modalità NG+ dopo aver raggiunto i titoli di coda, e sul numero di ratti a schermo contemporaneamente, che passa da un massimo di circa 5.000 a 300.000. Tutti questi elementi permettono ad A Plague Tale: Requiem di risultare familiare a chi conosceva già l’IP ma, allo stesso tempo, di garantire il giusto apporto di novità necessario per non risultare un semplice “more of the same”.

Direzione artistica

- La saga di A Plague Tale, già nella sua prima versione, si era fatta notare per un comparto grafico di alta qualità, specie per quanto riguarda la fedeltà delle ambientazioni e la cura riposta nel dare vita a scenari capaci di lasciare un segno nella memoria dei giocatori. A Plague Tale: Requiem non solo prosegue su questa strada ma, anche grazie alle capacità dell’UE5, spinge la componente visiva ad un livello nettamente superiore rispetto al passato sotto tutti i punti di vista. Modelli poligonali, texture, animazioni, illuminazione. Tutto in questo secondo capitolo sembra aver beneficiato delle potenzialità del nuovo motore grafico, oltre che di un maggiore impegno da parte del team di sviluppo. A questo si affianca poi la regia, che sottolinea in modo magistrale ogni ambientazione e ogni momento con una fotografia di grande impatto, sia quando si tratta di mettere in risalto lo splendido mercato di Arles sia quando i protagonisti si trovano costretti a dover attraversare un gigantesco nido di ratti parecchi metri sotto la superficie. Dal connubio tra questi due aspetti si genera un titolo che magari non può competere in tutto e per tutto con altre grandi produzioni, ma che sfrutta al meglio tutte le proprie peculiarità per dare vita ad ambientazioni da immortalare in innumerevoli screenshot grazie all’ottima modalità foto presente nel gioco.

Storia & Cast

- È difficile parlare di questo aspetto senza fare spoiler, ma non potevo non includere la storia e i protagonisti tra i punti di forza di A Plague Tale: Requiem. Asobo Studio, dopo l’ottimo esordio del primo capitolo, dimostra di avere piena padronanza della propria IP e di saper creare delle sceneggiature che ammaliano il giocatore, lasciandolo molto spesso inerme di fronte alla sequenza di eventi che porta dall’angosciante sequenza iniziale ad un epilogo che non può in alcun modo lasciare indifferente il giocatore. Una storia memorabile non può però prescindere dalla presenza di personaggi principali e secondari in grado di dare profondità e spessore alla vicenda. Da questo punto di vista, A Plague Tale: Requiem rappresenta senza ombra di dubbio uno degli esempi migliori visti negli ultimi anni, con protagonisti dotati di grande carisma e una scrittura in grado di valorizzare al meglio le molte sfaccettature presenti in ognuno. Una menzione d’onore va ovviamente ai personaggi di Hugo e Amicia, entrambi dotati di una profondità e di un’umanità più uniche che rare nel panorama videoludico moderno.

Ratti

- Ebbene sì. I ratti sono uno dei punti di forza di A Plague Tale: Requiem. Pensateci bene: la nuova avventura di Asobo Studio sarebbe la stessa senza le orde di roditori che, da un momento all’altro, possono fare capolino nelle ambientazioni mescolando le carte in tavola? Ovviamente no e questo lo sanno bene anche gli sviluppatori, che hanno lavorato duramente per rendere ancora più verosimili e minacciose queste creature, sia per quanto riguarda l’aspetto sia per quanto riguarda il numero massimo di ratti presenti a schermo in una singola scena, il tutto mantenendo sempre intatto il loro apporto sia sul fronte narrativo sia per quanto riguarda il gameplay. Il risultato finale è qualcosa di unico nel suo genere e contribuisce a rendere ancora più forte il legame tra tutti gli elementi della produzione.

Odio

I.A. migliorabile

- Nonostante dei discreti passi in avanti e una qualità complessivamente superiore a molti altri titoli odierni, la sensazione è che gli sviluppatori avrebbero potuto rendere ancora meno prevedibile il comportamento degli avversari con un piccolo sforzo aggiuntivo. Se da un lato è vero che non si può pensare di distrarre più volte lo stesso nemico con lo stesso trucco senza attirare la sua attenzione, cosa invece possibile in passato, e che serve davvero poco per allertare le ronde avversarie, è altrettanto vero che basta interrompere per qualche secondo la linea visiva tra noi e l’inseguitore per fargli perdere quasi del tutto le nostre tracce. I nemici, salvo rare occasioni, sono inoltre ancora troppo aggressivi e questo li rende prede facili per gli attacchi di Amicia, specie nella seconda parte dell’avventura. In parte questo è giustificato dal fatto che, presumibilmente, gli uomini del conte di Provenza pensano di poter tenere facilmente testa a una ragazzina, ma nel complesso la sensazione è che il gioco avrebbe sicuramente beneficiato di una maggiore profondità da questo punto di vista.

Qualche bug di troppo

- Al netto di una realizzazione generalmente solida, durante la mia prova sono incappato più volte in alcuni fastidiosi bug che bloccavano la protagonista o che impedivano di completare una specifica azione. In tutti i casi si trattava di problemi temporanei, facilmente risolvibili ricaricando l’ultimo salvataggio, ma si tratta comunque di situazioni potenzialmente fastidiose per chi ama immergersi completamente nelle vicende. E’ inoltre opportuno segnalare che, in alcune occasioni, anche la gestione dei checkpoint mi ha lasciato perplesso, con salvataggi talmente vicini all’azione da rendere difficile una qualunque reazione utile dopo il caricamento o, peggio, che mi hanno fatto letteralmente saltare un piccola porzione del gioco, posizionando i protagonisti in una fase più avanzata rispetto a quella in cui mi trovavo prima del caricamento.

Non è un capitolo stand-alone

- Non so se si possa considerare un vero e proprio difetto ma A Plague Tale: Requiem, nonostante le dichiarazioni fatte prima del lancio dal team, non può essere vissuto al meglio senza aver giocato il capitolo precedente o aver almeno guardato un riassunto degli eventi principali. Questa di per sé non è una cosa strana dato che molti sequel, specie quelli con una forte componente narrativa, conservano un forte legame con i capitoli precedenti, ma può diventare un problema nel momento in cui il gioco non si premura nemmeno di fornire al giocatore un piccolo recap degli avvenimenti precedenti, che avrebbe sicuramente fatto felice chi si avvicina per la prima volta alla serie e chi ha completato il primo capitolo nell’ormai lontano 2019

Tiriamo le somme

A Plague Tale: Requiem è un sequel solido e che sviluppa al meglio i punti di forza del capitolo originale per dare vita ad un’avventura di taglio cinematografico e dal grande impatto emotivo. Un gioco in cui narrazione e gameplay si fondono in modo magistrale per mettere in scena una vicenda matura nella quale, come spesso accade, il vero nemico non è quello che ci verrebbe più facile pensare. Stealth, azione, enigmi, grandi personaggi, sequenze al cardiopalma e tanti, tantissimi, ratti. In questo nuovo capitolo c’è tutto quello che ha permesso al primo episodio di raccogliere premi e consensi, ma più in grande e con una maggiore libertà d'azione per il giocatore. Un titolo che, seppur con qualche difetto, dimostra che è ancora possibile creare IP inedite partendo da generi già esplorati e consegnare ai giocatori nuove icone capaci di ravvivare la fiamma della passione per i videogiochi.
8.8

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L'autore

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Classe 1985 e cresciuto a pane, Commodore e Amiga, nel 1991 riceve il suo primo NES e da allora niente è più lo stesso. Attraversa tutte le generazioni di console tra platform, GDR, giochi di guida e FPS fino al 2004, quando approda su Xbox. Ancora oggi, a distanza di anni, vive consumato da questo sentimento dividendosi tra famiglia, lavoro, videogiochi, corsa, cinema e serie TV, nell’attesa che qualcuno scopra come rallentare il tempo per permettergli di dormire almeno un paio d’ore per notte.

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