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img Thronebreaker: The Witcher Tales

Recensione - Thronebreaker: The Witcher TalesXbox One DigitalGame

A distanza di oltre due anni dall’annuncio ufficiale e dopo numerosi cambi di rotta Thronebreaker: The Witcher Tales, la nuova avventura ambientata nell’universo fantasy di The Witcher, approda finalmente su console. Siete pronti a combattere mostri e nemici a colpi di Gwent? Noi lo abbiamo fatto e queste sono le nostre impressioni.

Il Gioco

Anno 1267. Poco prima degli eventi narrati nei romanzi di Andrzej Sapkowski e nella fortunata trilogia videoludica ad essi ispirata, i Regni Settentrionali dovettero affrontare una lunga e sanguinosa battaglia contro l’esercito invasore nilfgaardiano. Una serie di conflitti, noti anche con il nome di Guerre Settentrionali, che si protrassero per quasi 30 anni e nei quali ebbe un ruolo fondamentale la regina Meve, sovrana dei regni gemelli di Lyria e Rivia, due dei territori invasi dalle truppe di Nilfgaard. Thronebreaker: The Witcher Tales prende il via nei giorni precedenti all’invasione della Lyria da parte dell’esercito guidato da Emhyr var Emreis e vede il giocatore impersonare proprio la leggendaria condottiera. Quest’ultima, di ritorno da un incontro tra tutti i sovrani organizzato per coordinare le difese, scopre che il suo regno è stato messo a ferro e fuoco dai “Randagi di Spalla” e si vede costretta ad intervenire per riportare l’ordine, ma non prima di aver rimpolpato le fila del suo esercito. Quando tutto sembra finalmente volgere per il meglio, la situazione però precipita improvvisamente. L’esercito di Nilfgaard attraversa lo Yaruga e invade la Lyria, lasciando dietro di sé morte e devastazione. A Meve non resta dunque che imbracciare nuovamente le armi e gettarsi a capofitto in un conflitto che cambierà per sempre lo sorti dei Regni Settentrionali e del quale, in tutta sincerità, preferisco non raccontare altro, così da non privare nessuno del piacere della scoperta. Nelle oltre 20 ore necessarie per raggiungere l’epilogo, il titolo di CD Projekt RED mette infatti il giocatore al centro di una sceneggiatura inedita ricolma di azione, colpi di scena, tradimenti, vendette e magia, nella quale trovano spazio tantissimi personaggi ed eventi, molti dei quali risulteranno estremamente familiari a tutti coloro che si sono in qualche modo avvicinati alla saga negli ultimi anni.

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Thronebreaker: The Witcher Tales è quindi un’avventura a sfondo fantasy che viene raccontata al giocatore attraverso la voce di un narratore esterno (completamente doppiata in italiano) e che mescola il gameplay dei classici titoli isometrici ad una versione modificata del Gwent, il gioco di carte collezionabili apparso per la prima volta nell’ultimo capitolo delle avventure di Geralt e divenuto talmente famoso da meritarsi un episodio stand-alone con tanto di competizioni ufficiali e campionati. Urge quindi un ripasso delle regole di questo gioco, utile sia per chi ancora non le conoscesse sia per evidenziare le differenze con la versione originale. In un match “regolare” di Gwent la vittoria è al meglio dei tre round e vede contrapposti due giocatori, ognuno dotato di un mazzo di carte che rappresenta il rispettivo esercito ed all’interno del quale trovano posto sia unità dotate di punti Forza e punti Armatura sia carte capaci di applicare specifici effetti. All’inizio del match da questo mazzo vengono pescate, in modo casuale, un certo numero di carte che rappresentano quelle utilizzabili dal giocatore e che potranno poi essere scartate nel corso del proprio turno. A differenza della versione classica, in Thronebreaker: The Witcher Tales il tavolo da gioco è suddiviso in due sole file per parte, dedicate rispettivamente al combattimento corpo a corpo o a distanza, nelle quali è possibile posizionare qualunque tipologia di carta (nella versione originale sono invece presenti tre file, in ognuna delle quali è possibile disporre solo determinati tipi di unità).

MX Video - Thronebreaker: The Witcher Tales

Ogni unità, così come ognuno dei comandanti, possiede caratteristiche proprie, riportate nella descrizione presente sulla stessa e che le permettono, per esempio di infliggere danni agli avversari, di aumentare le difese, di richiamare sul campo di battaglia nuovi combattenti e così via. Una volta iniziato lo scontro i giocatori possono, durante il rispettivo turno, usare una carta o attivare le abilità di quelle già presenti sul tabellone prima di passare il pallino del gioco al proprio avversario, il quale potrà fare lo stesso con l’obiettivo di incrementare la forza complessiva del proprio esercito, calcolata sommando i punti Forza di tutte le unità presenti nei rispettivi schieramenti. Chi ottiene il punteggio alla fine del round, decretata quando entrambi i giocatori finiscono le carte in loro possesso o decidono di passare, guadagna un punto e ottiene il diritto di giocare per primo in quello successivo, nel quale verranno utilizzate le eventuali carte avanzate più alcune pescate casualmente dal mazzo.

Queste le regole base del Gwent, che in Thronebreaker: The Witcher Tales non occupa però il ruolo di mini-game come accade in The Witcher 3: Wild Hunt. CD Projekt RED ha infatti dato vita stavolta ad un mix di generi abbastanza inusuale, nel quale l’esplorazione si alterna a combattimenti ed enigmi, entrambi da risolvere però tramite incontri di Gwent. Nella fasi esplorative il giocatore, nei panni di Meve, avanza con visuale isometrica nelle mappe di gioco che riproducono porzioni più o meno vaste dei regni presenti nel titolo, accumulando tre tipologie di risorse: oro, legname e reclute per il proprio esercito. Le prime due possono essere raccolte interagendo con i numerosi contenitori sparsi per il mondo di gioco, mentre per incrementare il numero di soldati al servizio della regina bisogna utilizzare specifici stendardi, generalmente posizionati all’interno di centri abitati. Le scorte possono inoltre essere incrementate (o ridotte) interagendo con i vari NPC, incappando in alcuni eventi specifici o effettuando delle scelte quando saremo chiamati a farlo. Ma a cosa servono queste risorse? Oltre ad assolvere il ruolo di merce di scambio in specifiche situazioni, come quando decideremo di aiutare un villaggio in seguito ad una sciagura o di sacrificare soldati e legname per recuperare un forziere pieno di ricchezze, le risorse sono fondamentali per poter sviluppare il campo base dell’esercito di Meve, accessibile in qualunque momento esclusi gli scontri, e di conseguenza il suo potenziale offensivo. Nel campo base è infatti possibile migliorare le capacità della protagonista, così da aumentare la sua velocità di movimento sulla mappa o il numero di accessori equipaggiabili dalla sua carta, apportare dei miglioramenti alle varie strutture, fare pratica nel campo di addestramento, scambiare quattro chiacchiere con i propri compagni nella tenda della mensa, approfondendo la conoscenza dei vari personaggi, e soprattutto creare nuove unità consumando le risorse accumulate ed organizzare il proprio mazzo, così da essere pronti per i numerosi scontri che attendono la coraggiosa regina.

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Nel corso del suo viaggio la protagonista incappa infatti con continuità in battaglie, duelli, imboscate ed enigmi che possono essere superati solo disputando un match di Gwent, il tutto secondo regole che variano di volta in volta per adattarsi alla trama o alla situazione. In Thronebreaker: The Witcher Tales il giocatore, oltre a disputare incontri regolari utilizzando il proprio mazzo, si vede spesso costretto a giocare match basati su singoli round, con mazzi predefiniti e/o con condizioni di vittoria particolari, come nel caso di enigmi che richiedono di uccidere uno specifico mostro entro un certo numero di turni, di salvare uno specifico personaggio o di evitare che un evento in particolare si verifichi. Al termine di tutti questi incontri il giocatore ottiene delle ricompense sotto forma di nuove carte utilizzabili nel gioco o da riscattare nel titolo free-to-play Gwent: The Witcher Card Game, oltre che risorse. Molti scontri, così come molte delle scelte che la regina Meve dovrà effettuare nel corso dell’avventura, avranno inoltre delle conseguenze sul morale delle truppe, che ha una diretta conseguenza sui punti Forza di alcune carte, sull’eventuale ingresso/uscita di uno specifico personaggio dall’esercito e sull’aspetto del mondo di gioco, che in molti casi si modificherà in seguito da una scelta per mostrarne visivamente le conseguenze. E’ infine importante sottolineare che molte delle decisioni prese, anche quelle apparentemente poco importanti, avranno un impatto sullo sviluppo degli eventi, andando anche ad influire sul finale della storia.

Amore

Trama

- Se pensavate che l’assenza di Geralt come protagonista avrebbe impedito a Thronebreaker: The Witcher Tales di raggiungere gli standard di profondità e maturità narrativa al quale ci ha abituato la software house polacca nel corso degli anni, siate pronti a ricredervi. Le Guerre Settentrionali sono un evento fondamentale nell’universo letterario creato da Sapkowski, e CD Projekt RED ha reso il giusto omaggio a questo particolare conflitto con una trama ben orchestrata, capace di coinvolgere emotivamente il giocatore e di lasciarlo con il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Ma il merito del risultato non è solo della sceneggiatura. Meve è una protagonista estremamente carismatica, dotata di un background importante e di un carattere che si adatta con naturalezza alle vicende raccontate. Lo stesso si può dire di tutti gli altri protagonisti, principali e secondari, che la regina incontra sul suo cammino e che, insieme alla protagonista, contribuiscono a rendere ancora più accattivanti le vicende narrate nel titolo.

Longevità

- Alzi la mano chi, al momento del primo annuncio del gioco, avrebbe scommesso su una campagna capace di superare le 10/12 ore. Io onestamente no, e quindi non posso che ritenermi estremamente soddisfatto della durata di Thronebreaker: The Witcher Tales, alla quale si accompagna anche una notevole rigiocabilità. Per completare al 100% il proprio mazzo, portare a termine tutti gli incarichi secondari, esplorare ogni possibile conseguenza, raccogliere la totalità dei documenti e vedere tutti i differenti finali saranno infatti necessarie almeno il doppio delle 25 ore impiegate dal sottoscritto per raggiungere i titoli di coda (se non addirittura di più). Un risultato di tutto rispetto per un “semplice” spin-off!

Gwent

- Qui c’è davvero poco da dire. Il Gwent, un gioco di carte collezionabili nato come mini-game e diventato in poco tempo un vero e proprio punto di riferimento nel genere, risulta anche in questo caso estremamente piacevole da giocare. Le modifiche apportate nel corso dei mesi alla giocabilità originale rendono gli scontri più frenetici, ma senza compromettere in modo sensibile la componente tattica, tutt’ora fondamentale sia in fase di preparazione del mazzo sia durante gli scontri. Ciò che però stupisce davvero è vedere come il gioco di carte collezionabili si adatti con facilità al gameplay di base del titolo. Chi impugna il pad non ha mai l’impressione di trovarsi di fronte a due esperienze distinte e, soprattutto, non si ha mai la sensazione di giocare match simili. La presenza di tanti incontri con regole speciali o con condizioni di vittoria particolari infatti garantisce al titolo la giusta varietà di situazioni, che si traduce inevitabilmente in un maggior coinvolgimento sul lungo periodo.

L’importanza delle scelte

- Da sempre i titoli ambientati nel mondo di The Witcher si sono distinti per l’importanza data alle conseguenze delle scelte effettuate dal giocatore e, anche da questo punto di vista, Thronebreaker: The Witcher Tales non delude. La protagonista nel corso dell’avventura si trova spesso a dover prendere delle decisioni e quasi tutte avranno delle conseguenze. Alcune saranno visibili subito, altre ci verranno rivelate solo dopo un po’ di tempo e molte contribuiranno silenziosamente a plasmare il percorso verso uno dei molti finali disponibili. Ovviamente non aspettatevi la profondità dei dialoghi vista nell’ultima avventura di Geralt & soci. Il racconto delle gesta di Meve è ovviamente meno complesso, ma non per questo meno profondo o appassionante.

Stile grafico

- Se si considerasse solo la “forza bruta” il comparto visivo di Thronebreaker: The Witcher Tales, basato su una visuale isometrica con personaggi non in scala, scene di intermezzo relativamente statiche e scontri tra carte, non sarebbe niente di che. Quello che permette alla componente grafica di fare il vero salto di qualità è lo stile unico che gli sviluppatori sono riusciti ad infondere ad ogni singolo elemento, dalle ambientazioni ricche di dettagli che si modificano con il passare del tempo alla qualità delle illustrazioni utilizzate per le scene di intermezzo o per le carte di gioco. Ogni aspetto del titolo è estremamente curato ed il particolare stile “simil cel-shading” adottato dagli sviluppatori risulta particolarmente azzeccato per questa tipologia di titolo. Menzione d’onore per le carte da gioco, tutte estremamente curate ed impreziosite da disegni di qualità così elevata da spingere gli sviluppatori a riportare spesso il nome dell’artista responsabile.

Odio

Interfaccia poco ottimizzata

- Nonostante il gioco non presenti particolari problemi tecnici, nel corso della mia prova (svoltasi su Xbox One X) sono incappato spesso in un fastidioso bug che causava la sparizione della freccia utilizzata per navigare nel campo base ed un sensibile ritardo nell’esecuzione dei comandi nella mappa di gioco, fortunatamente risolvibile riavviando il titolo. In più di un’occasione sono inoltre stato costretto a riavviare un match (se non l’intero gioco) perché il mio avversario aveva deciso di non compiere nessuna azione bloccando, di fatto, lo svolgimento dello scontro. Due difetti marginali, risolvibili nella peggiore delle ipotesi riavviando il gioco, ma che mi hanno accompagnato per tutta l’avventura e che alla lunga si sono rivelati particolarmente tediosi.

A tratti troppo difficile

- Thronebreaker: The Witcher Tales non è un titolo particolarmente accessibile, soprattutto nelle fasi finali. Le ultime ore di gioco richiedono infatti una buona dose di pianificazione ed una notevole capacità tattica per essere superate, ma questo non sarebbe necessariamente un problema. Quello che fa storcere il naso è che fin troppo spesso l’esito degli scontri sembra non dipendere dalle capacità del giocatore, ma piuttosto dalla fortuna o dal caso. Due elementi che ovviamente hanno il loro peso in un gioco di carte e che, affiancati da una I.A. talvolta fin troppo perfetta, rendono alcuni scontri praticamente insuperabili, se non grazie ad una mano particolarmente fortunata. A questo si aggiunge poi la tradizionale “confusione” del Gwent, generata dalla rapidità dell’azione e dalle frequenti attivazioni di effetti in sequenza, che talvolta impedisce al giocatore di capire i propri errori e di elaborare le giuste contromosse.

Doppiaggio altalenante

- Thronebreaker: The Witcher Tales, così come il gioco di carte stand-alone, è completamente doppiato in lingua italiana e questo è sicuramente un punto a favore. Peccato però che la qualità del doppiaggio non sia sempre adeguata e che alcune voci risultino spesso fuori contesto o fin troppo caricaturali. Un esempio su tutti? La voce della strega dei sepolcri che Meve incontra nelle prime ore di gioco… davvero imbarazzante.

Tiriamo le somme

Thronebreaker: The Witcher Tales è un’avventura di altissima qualità nella quale si fondono armoniosamente due generi diversi. Il risultato è un titolo profondo, coinvolgente, dotato di un gameplay vario e di una trama ben scritta capace di soddisfare non solo i fan più affezionati della saga, ma anche tutti gli amanti del fantasy in generale. Qualche difetto minore impedisce al titolo di essere perfetto, ma nel complesso la storia della regina Meve risulta estremamente consigliata per tutti coloro che amano il genere fantasy e/o il Gwent.
8.5

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L'autore

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Classe 1985 e cresciuto a pane, Commodore e Amiga, nel 1991 riceve il suo primo NES e da allora niente è più lo stesso. Attraversa tutte le generazioni di console tra platform, GDR, giochi di guida e FPS fino al 2004, quando approda su Xbox. Ancora oggi, a distanza di anni, vive consumato da questo sentimento dividendosi tra famiglia, lavoro, videogiochi, corsa, cinema e serie TV, nell’attesa che qualcuno scopra come rallentare il tempo per permettergli di dormire almeno un paio d’ore per notte.

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