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Kingdom Under Fire: Circle of Doom
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Recensione - Kingdom Under Fire: Circle of DoomXbox 360Game

Dopo due eccellenti episodi usciti sulla prima Xbox, la serie Kingdom Under Fire arriva sulla nuova generazione con uno "spin-off" che abbandona ogni velleità strategica per proporci una giocabilità molto più immediata, un action game fantasy con elementi RPG. Scopriamo insieme se, con questa scelta coraggiosa, gli studi coreani BlueSide hanno colto nel segno.



Déjà vu
“In principio l'oscurità e la luce si separarono e il mondo nacque”. Così esordisce il prologo di Kingdom Under Fire: Circle of Doom, e, a onor del vero, è il primo e ultimo accenno di una trama coerente nel gioco. Sempre la solita manfrina con nomi e tempi diversi: Nible, signore della Luce, ed Encablossa, signore dell'Oscurità, per evitare tensioni e guerre decidono di alternarsi il controllo del nostro pianeta un'era a testa. Nell'era della Luce Nible può rendere il mondo a sua immagine e somiglianza, mentre nell'era dell'Oscursità... beh è scontato no? Il ciclo si interrompe quando Nible, stanco di dover ricominciare ogni volta da capo all'inizio del suo regno, decide di rompere il patto e alla fine del suo turno si rifiuta di passare il testimone a Encablossa che, inutile dirlo, non la prende affatto bene, scatenando le sue legioni contro quelle del suo luminoso antagonista. Ecco, questa è tutta la trama, e non c'è da aspettarsi molto altro per il resto del gioco. Molto è lasciato all'immaginazione o alla libera interpretazione.


Fantasia portami via
Kingdom Under Fire: Circle of Doom è indeciso. Non sa se essere un RPG o un hack'n'slash, riuscendo quindi a prendere il peggio delle due categorie e inserirlo in un contesto alquanto desolante sia dal punto di vista visivo che tecnico. All'inizio del gioco si può scegliere tra quattro personaggi (altri due sono sbloccabili successivamente) che si differenziano per attributi quali velocità e punti salute. Più avanti nel gioco vien da chiedersi cosa c'entri la velocità (di attacco) quando il fulcro del combattimento sono i PA (Punti Attacco). Tale attributo, visualizzabile tramite una barra azzurra sotto a quella rossa della salute, è una sorta di riserva di energia che si consuma quando attaccate o lanciate magie. Una volta azzerata, il vostro personaggio si deve riposare almeno qualche secondo per poter proseguire nella sua opera di macellazione. La logica farebbe supporre che questa scelta doni a Circle of Doom un che di strategico, ma è solo un momento. All'inizio i PA sono alquanto bassi e permettono due stoccate/affondi prima di costringerci ad una pausa di uno, due secondi; man mano che si aumenta di livello, e i PA crescono, si possono tirar fendenti praticamente all'infinito perchè la velocità con cui si ricaricano è maggiore del consumo. A ciò aggiungiamo che i nemici, oltre a circondarvi, non fanno praticamente nient'altro, rendendo la ricarica solo un momento di silenzio nel marasma di grugniti e stoccate.

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Una volta notata l'assenza di qualsiasi requisito strategico ci vuole poco per vedere quanto sia abbozzato e superficiale l'elemento RPG. In pratica si limita alla scelta di spade e armature (nonché amuleti e magie) con cui armare il proprio avatar. Tali gingilli possono essere raccolti dai nemici abattuti o comprati dagli dei raggiungibili in alcune aree dei livello, dislocati lungo il tragitto obbligato che dovremo percorrere. Presso questi altari è anche possibile dormire. Il sonno ci trasporta in una dimensione alternativa (un prato bruciato) in cui ci attende un sacerdote pronto a insegnarci le nuove abilità. Ecco un guizzo d'innovazione: per apprendere una nuova abilità bisogna completare una lista di azioni ad essa associate che richiede l'uccisione di nemici precisi in quantità precise. Ciò non toglie che sia possibile completare facilmente il gioco anche con una sola abilità, massimo due. Oltre a farci da maestro, con frasi gettate a caso e dialoghi castrati il sacerdote tenta di farci appassionare ad una trama che non esiste. Tutti i dialoghi possono essere così riassunti: "Raggiungi il prossimo livello".

Infine, il design di Circle of Doom è di una monotonia raramente eguagliata. I livelli a volte non sono che la copia speculare di quello appena concluso e mettono in campo nemici veramente ridicoli. Ecco la dinamica: si corre in un deserto/prato/ghiacciaio fino all'ennesimo drappello di nemici che una volta "attivato" si limita a raggiungerci e cirdondarci; inoltre, se arretriamo oltre il loro raggio d'azione smettono di inseguirci tornarno al proprio posto divenendo, durante il tragitto, magicamente invulnerabili. Tutto questo peggiora man mano che si avanza, e arrivati all'ultimo livello, dopo combattimenti di una monotonia unica (pugno, magia, corsa, pugno, magia, corsa, pugno...all'infinito), può solo venire in mente il verso di una canzone dei Modena City Ramblers: "sono stanco, deluso e mi chiedo: cosa ci faccio qui..."

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Annoiamoci insieme
Sin dall'inizio gli sviluppatori misero in chiaro che la forza del titolo sarebbe stata la possibilità di giocare in cooperativa con altri 3 amici. E così è, ma il succo non combia. La cooperativa a quattro giocatori funziona, non ci sono problemi di lag o bug evidenti (come in singolo d'altronde), e se si ha voglia di chiacchierare un pò senza doversi concentrare eccessivamente sull'azione a video, cosa difficile in titoli più complicati come Halo 3 e Call of Duty 4, è un ottimo passatempo. Si mazzuolano un po' di mostri e si raccolgono i preziosi tesori che lasciano cadere (sul Live sembrano più generosi che in singolo, ma forse perchè sono da dividere tra i quattro giocatori), sfogando magari il nervoso di una giornata pesante. Ma la sostanza non cambia, i livelli sono sempre monotoni e ripetitivi fino alla nausea e i nemici sono sempre quelli. Esempio lampante, che in un certo senso, racchiude l'essenza del gioco: nel livello di ghiaccio ci sono gli uomini ghiaccati, in quello di fuoco gli uomini esplosivi, nell'ultimo livello gli uomini metallici e così via...


In conclusione, Kingdom Under Fire: Circle of Doom sembra fare della noia il suo emblema. Non c'è nulla che renda il gioco carismatico o odioso, insipido o appassionante, pessimo o eccellente. La trama non spinge il giocatore a finire il gioco, e il gameplay sembra anzi invitarlo ad abbandonare prematuramente. Chi ama leggere non potrà non sorridere nel momento in cui, dopo l'ennesimo drappello di nemici, si ritroverà a pensare agli Ignavi di Dante o al Deserto dei Tartari di Buzzati.
5.2

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L'autore

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Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

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i Le recensioni di MX esprimono il punto di vista degli autori sui titoli provati: nelle sezioni "Amore" ed "Odio" sono elencati gli aspetti positivi e negativi più rilevanti riscontrati nella prova del gioco, mentre il voto ed il commento conclusivo rispecchiano il giudizio complessivo del redattore sul titolo. Sono benvenuti i commenti e le discussioni tra chi è d'accordo o in disaccordo con tali giudizi, ma vi chiediamo di prendere atto del fatto che si tratta di valutazioni che non hanno pretesa di obiettività nè vogliono risultare vere per qualsiasi giocatore. La giusta chiave di lettura per le nostre recensioni sta nel comprendere le motivazioni alla base dei singoli giudizi e capire se possano essere applicate anche ai vostri gusti personali.
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