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img The Witcher 3: Wild Hunt
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The Witcher 3 - visto alla GC 2013

L’universo popolato da villici, driadi e orchi in cui vive Geralt è sempre stato uno dei più sbalorditivi anche dal punto di vista prettamente tecnico. Per questo, quando CD Projekt Red ci ha offerto la possibilità di assistere ad una sessione di gioco del terzo e ultimo capitolo della saga, abbiamo attraversato gli stand della GamesCom come degli schiacciasassi e ci siamo appropriati di un cospicuo numero di poltroncine in prima fila. Eccovi le nostre prime impressioni su The Witcher 3: Wild Hunt.
Di cosa si tratta
Negli anni della ribalta del fantasy, The Witcher è uno dei protagonisti più omaggiati e letti. Il personaggio di Geralt lo Strigo è stato creato nei primi anni novanta da Andrzej Sapkowski e al momento le sue gesta sono distribuite su una decina di libri, tra antologie di racconti e romanzi veri e propri. Geralt di Rivia è uno Strigo, vale a dire un cacciatore di bestie magiche o demoniache, che gira di villaggio in villaggio offrendo i suoi servizi. Dal folletto che rovina i raccolti alla driade che inganna i viaggiatori per farli sparire nella nebbia: basta che il capo villaggio abbia il giusto compenso, e Geralt è disposto a risolvere il problema. Per poter sopravvivere ad ogni tipo di scontro, però, Geralt si è addestrato duramente e nella sua infanzia ha assunto delle pozioni talmente potenti da renderlo a tutti gli effetti un mutante. Anche gli intrugli che prende prima di ogni combattimento lo modificano in modo radicale, tanto che nel cozzare di artigli e lame è difficile distinguere il mostro dal cacciatore. Questa particolarità del suo lavoro è molto importante. Il fantasy di Sapkowski è un mondo scuro, corrotto e razzista. Fuliggine, fango e paura sono gli elementi dominanti e i borghi di contadini riflettono un Alto Medioevo in cui le paure irreali dell’epoca sono portate in vita dalla mano dello scrittore e uccise dalla spada di un emarginato. Sarà pure una persona in grado di uccidere i mostri e liberare i villaggi dal terrore, ma le sue origini, la sua storia, rendono il Lupo Bianco un elemento da evitare tanto che, spesso, al momento del pagamento il capo villaggio chiede un ultimo favore allo strigo: di andarsene per sempre dal paese. In questo oscuro vivere, Sapkowski è riuscito a dare una morale costante e fortissima ai suoi personaggi e alle vicende che vivono. Leggere i libri dello Strigo è piacevole non solo per le avventure narrate, ma anche per le riflessioni che possono sorgere vedendo le cose attraverso gli occhi di una persona costretta per propria natura a raggiungere il prima possibile il prossimo posto da cui scappare. Fin dal primo episodio i ragazzi di CD Projekt Red sono riusciti a rendere merito di tutto questo nei loro gioco. Nonostante fossero piacevolissimi da giocare e vivere, i primi due capitoli della saga erano anche in grado di porre il giocatore di fronte a scelte e situazioni molto più che scomode. Il tutto senza apporre particolare segnali su quale fosse il bene e quale il male.

Con The Witcher 3: Wild Hunt, la software house polacca ha chiaramente detto di voler migliorare tutti gli aspetti che non avevano convinto i fan nei precedenti lavori, rivoluzionando il brand stesso con l’apertura all’open world. Si parla di una superficie di gioco 30 volte più grande di quella vista in The Witcher 2, totalmente aperta ai capricci erranti dei giocatori. Geralt di Rivia, il Lupo Bianco, lo Strigo, questa volta si troverà di fronte al suo più grande demone: la Caccia Selvaggia. Evento tanto crudele e raro da essere considerata una leggenda, la Caccia Selvaggia vuole la discesa dal cielo di velieri fantasma carichi di feroci soldati alla ricerca di vittime e schiavi. Anche nel mondo fantastico di Sapkowski, una flotta voltante assetata di sangue viene vista alla stregua del nostro Uomo Nero: un mito usato più per spaventare i bambini. Geralt però è uno dei pochi che è riuscito a fuggire dalle gabbie di quelle navi del terrore per tornare fra i vivi, un’esperienza che ha lasciato in lui una cicatrice profonda e un bisogno di vendetta inestinguibile anche dopo molti anni. Il terzo ed ultimo capitolo della saga videoludica vedrà il ritorno della Caccia Selvaggia, con l’orda ormai tanto sfacciata e potente da uscire dall’ombra in maniera definitiva saccheggiando i villaggi con sempre maggior frequenza e arroganza. Geralt, appena viene a conoscenza di qualche testimone, si mette sulle loro tracce; e noi con lui.

MX Video - The Witcher 3: Wild Hunt


Cosa abbiamo visto
Comodamente seduti sulle poltroncine dell’area “cinema” di CD Projekt, abbiamo assistito ad una sessione di gioco di circa un’ora. Mentre Morfeo passava di poltrona in poltrona cercando nuovi accoliti (un collega olandese si è unito volentieri alla sua armata, elevando inni di fede con insospettabile solerzia) una scena di distruzione e saccheggio ha dato il via alla nostra presentazione. Eravamo di fronte ai Cacciatori. Soldati sputati dall’inferno che stavano mettendo a ferro e fuoco un villaggio di poveracci. Mentre donne, uomini e bambini venivano caricati o uccisi, un fortunello (bisogna vedere fino a che punto) è riuscito a nascondersi e, successivamente a fuggire. Questo era il prologo. La telecamera si spegne e si riaccende sull’immagine di Geralt al galoppo. La coda del cavallo e la coda di cavallo del protagonista si muovono in maniera innaturale, come fossero degli elastici impazziti. Il nostro anfitrione ci spiega che il gioco mostrato è in versione pre-alpha, e gli occhi ci diventano lucidi: gli elementi menzionati poche righe sopra sono le uniche cose che non funzionano mentre Geralt galoppa su un sentiero che segue il corso di una scogliera uscita dalle Highlands. Tutto è così dettagliato, credibile… bucolico, che verrebbe da chiedere se sarà possibile attivare il comando “Ozio”, in cui il nostro avatar prenderà una spiga fra i denti e si metterà steso sull’erba a guardare il cielo. Mentre penso se chiedere o meno una cosa del genere, Geralt arriva alle porte di una roccaforte e, lasciato il cavallo, va parlare con il governatore assegnato al posto. È alla ricerca di informazioni sulla caccia selvaggia, e il fatto che da qualche parte c’è un testimone vivo lo mette in agitazione. Il tempo di farsi dire dov’è il villaggio nel quale si è rifugiato il suo uomo ed è tempo di ripartire.

Ridiscesa la scogliera, Geralt lascia il cavallo e sale su una piccola barca a vela, mentre uno del team di sviluppo ci spiega che le montagne che vediamo all’orizzonte saranno tranquillamente esplorabili e che le isole sono quattro, di cui una da sola copre più del terreno totale di The Witcher 2. Per ragioni di tempo si passa al viaggio veloce, che, ci tengo a precisare, è l’unico momento in cui abbiamo visto delle schermate di caricamento. Il gioco riprende nei pressi di un rudere abbandonato: per il puro gusto di farlo, Geralt si addentra nelle macerie, disturbando il riposo di un Bies, una specie di Minotauro con tre occhi. È il momento di vedere il nuovo sistema di combattimento in azione. Chi ha giocato The Witcher 2, sa quanti passi in avanti erano stati fatti rispetto la primo, e con questo terzo capitolo il salto sembra altrettanto evidente. Geralt si muove in maniera ancora più fluida e armoniosa. Il collegamento tra un fendente e l’altro è spettacolare e le animazioni fanno intuire più una danza che un brutale calare di lama. Il Bies è una bestia di dimensioni ragguardevoli, e Geralt ha qualche difficoltà nel concludere il combattimento, anche perché l’infame ha la possibilità di lanciare un incantesimo che genera l’oscurità nelle vicinanze, potendo nascondersi dalla vista del nostro Strigo. Si tratta di una scena epica come poche: Geralt dritto nel buio, con gli occhi che riflettono l’argento della sua lama. Sta ascoltando. Dall'oscurità magica si sente un ruggito e delle fauci bestiali sbucano a pochi centimetri dalla sua spalla. Attraverso il controller lo Strigo si abbassa, schiva, rotola e si rialza mulinando la lama. Due passi indietro e dalle sue mani scaturisce Igni, il segno del fuoco. La magia corre ruggendo verso la bestia e deflagra sul suo torace. Il Bies sente il colpo e non riesce a mantenere la sua magia attiva. Torna la luce del giorno e Geralt carica colpendo alle zampe, schivando e rotolando. Movimenti letali che costringono il suo avversario alla fuga, dopo aver evocato ancora una volta il buio per coprire le sue tracce.

A questo punto ci vengono dette alcune cose importantissime: i mostri sparsi sul terreno di gioco hanno una loro routine, e si può incappare nelle loro ire anche se non siamo ancora in grado di sopravvivere allo scontro. In effetti questo grosso satanasso, che non era un boss ma un semplice incontro casuale, ha tirato un paio di spallate da prognosi riservata al nostro uomo. Quando si sentono minacciati i mostri potranno inoltre fuggire, come accaduto in questo caso, ma sfruttando le abilità di Geralt potremo metterci sulle loro tracce e finirli: starà a noi decidere se farlo o meno. Altra novità, che personalmente mi ha fatto esultare, sta nella gestione del lato alchemico. Sarà data ancora molta importanza alle pozioni ma, questa volta, sarà possibile assumerle in un momento per attivarle successivamente, quando se ne presenterà la necessità. Un cambiamento sostanziale e graditissimo.

Geralt si rimette in marcia verso il villaggio che dovrebbe ospitare il suo testimone chiave. Durante il cammino si imbatte in un gruppo di banditi, che hanno la folle idea di attaccarlo. Un buon momento per vedere il sistema di combattimento alle prese con più bersagli. Che danza, signori! Nel momento in cui l’ultimo cadavere tocca terra, Geralt rinfodera la spada e si rimette in cammino. Un viaggio veloce ci fa risparmiare qualche minuto e ci porta immediatamente alle porte del villaggio. Una volta arrivati scopriamo subito che c’è un altro lavoro da fare: il nostro uomo è morto, stritolato da delle radici comparse dal terreno.

Geralt scopre che gli abitanti sono in conflitto sull'argomento: gli antichi pensano che il fatto sia causato da una creatura magica che si, ogni tanto esige il suo obolo di sangue, ma fornisce protezione al villaggio. I giovani invece vogliono farla finita con questi massacri e chiedono a Geralt di uccidere la creatura. Qui il giocatore si trova con una scelta morale: schierarsi dalla parte degli anziani e lasciare che la tradizione prevalga, oppure cacciare ed uccidere il mostro per conto dei giovani? In questo caso CD Projekt ci mostra quella che sembra la scelta migliore, ossia cacciare il mostro. Geralt inizia ad indagare nelle foreste e, analizzando le tracce su alberi e rocce usando i suoi sensi iperacuti, scopre che il tutto è opera di un Leshen, un demone del bosco, una specie di grosso satiro con degli artigli lunghi come una spada a due mani. Scopriamo anche che una creatura del genere, per poter affliggere un villaggio, deve aver marchiato un inconsapevole abitante, il quale deve essere ucciso prima di poter sconfiggere la creatura: Geralt riferisce il tutto ai giovani i quali, convinti che il marchiato sia un anziano, gli chiedono di individuarlo. Ma la realtà si rivela molto più drammatica: scopriamo infatti che la marchiata è Hilde, la fidanzata di uno dei giovani, il quale accetta suo malgrado di ucciderla per permettere al Witcher di concludere la sua missione. Il protagonista lascia il lavoro sporco ai giovani mentre si addentra nuovamente nella foresta per uccidere il demone. Dopo uno spettacolare combattimento in grado di far disertare dalle fila di Morfeo anche l’olandese addormentatosi di prima, Geralt uccide la bestia e si prende il suo cuore a dimostrazione del fatto. Tutto questo avviene mentre ogni ramo, fronda o foglia si muove in preda alle correnti del vento, i lupi ululano e il RedEngine 3 irradia della sua benevolenza. The Witcher 3: Wild Hunt è tecnicamente superlativo, c’è poco da dire.

Tornato al villaggio con il cuore del mostro, Geralt riceve la sua ricompensa e gli viene chiesto di andarsene per non fare più ritorno: si allontana così dal villaggio in cerca di altri testimoni della Caccia Selvaggia, che magari non siano stati uccisi da qualche satiro imbizzarrito. La nostra dimostrazione termina qui, non prima però che gli sviluppatori ci spieghino le conseguenze delle scelte di Geralt: il demone era effettivamente un protettore del villaggio, visto che la sola leggenda della sua presenza teneva lontani i malintenzionati. La sua morte ha però fatto sì che, tre mesi dopo questi fatti, il villaggio venisse attaccato da un'orda di predoni che lo misero a ferro e fuoco, uccidendo chiunque. Gli abitanti del villaggio si sono quindi liberati da un male solo per incontrarne uno peggiore poco dopo: un ottimo esempio di come le conseguenze delle nostre scelte in The Witcher 3: Wild Hunt non saranno mai così scontate.

Tiriamo le somme
Quanto mostrato da CD Projekt Red convince fin da ora e non lascia dubbi sulla qualità finale del lavoro. The Witcher 3: Wild Hunt sarà sicuramente uno dei protagonisti assoluti di questa prima parte della generazione in arrivo, anche se manca ancora una data di rilascio precisa. Poco male: il team di sviluppo ha dimostrato negli anni passati di essere un bellissimo esempio di passione e dedizione ai propri progetti. Seneca diceva che quando si hanno dei problemi da risolvere è inutile scappare cambiando il cielo sopra la nostra testa, ma bisogna cambiare quello che sta dentro di noi. Geralt, strigo errante, forse non conosce il filosofo e noi, pur di girare per il suo mondo, faremo meglio a tacere a riguardo.

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L'autore

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Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

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